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 2013  luglio 25 Giovedì calendario

LA SENTENZA BERLUSCONI -5 IL BIVIO DELLA SANTA ALLEANZA

Fra cinque giorni, martedì 30 luglio, conosceremo ufficialmente ciò che già conoscia­mo ufficiosamente: la sentenza contro Silvio Berlusconi. Il giudi­zio è al terzo grado, l’ultimo, quello della Cassazione che deciderà se il «mostro» dovrà essere condanna­to in via definitiva e quindi sconta­re in galera, agli arresti domiciliari o ai servizi sociali la pena inflittagli in appello per frode fiscale, qualche milione di fondi neri costituiti con un trucco.Non entro nei detta­gli dell’accusa. Li abbiamo raccon­tati mille volte. Non se ne può più, che barba. Ricordo soltanto che ai tempi in cui il reato sarebbe stato commesso, inizio anni Duemila, il Cavaliere era totalmente dedito a­l­la politica già da quasi un decennio e, quindi, non aveva alcun ruolo dirigenziale o sociale nell’azienda di famiglia. Era un azionista e basta. Delle faccende interne all’impresa si occupavano altri.
Ciononostante la giustizia se la prende con lui (impegnato quale capo dell’opposizione in Parlamento e in campagna elet­torale) considerandolo comun­que una sorta di deus ex machi­na dotato del potere dell’ubi­quità. I magistrati sono persua­si che nel Biscione nulla si faces­se se non con la sua benedizio­ne. Non è vero, ma la circostan­za appare secondaria: siamo in Italia e le prove dalle nostre par­ti contano meno dei sospetti. In questo c’è qualcosa di ideologi­co? Forse sì, forse no. Non sia­mo in grado di accertarlo. Sap­piamo soltanto, per diretta esperienza, che Berlusconi nel­le t­ivù da lui fondate non conta­va un tubo. Ovvio, uno che sta a Palazzo Chigi o briga per andar­ci è difficile, e improbabile, che abbia il tempo, la voglia e l’opportunità di dedicarsi a dettagli amministrativi, soprattutto truffaldini.
Sia come sia, l’esito di questa vicenda minaccia di rompere gli equilibri politici del Paese, già abbastanza precari. Se l’at­tuale capo del centrodestra sa­rà interdetto dagli uffici pubbli­ci, chiuso in cella o in casa, sen­za la facoltà di svolgere attività politica, succederà il finimon­do. Il Pdl non avrà più il capo, buono o cattivo che sia, grazie al quale dal 1994 a oggi ha con­trastato la sinistra assetata di poltrone, interpretando la vo­lontà di un’ampia, e spesso maggioritaria, fetta di elettora­to. Il sistema- non facciamoci il­lusioni - verrà azzoppato e nes­suno è in grado di ipotizzare co­sa accadrà in futuro. Che ne sa­rà del governo delle larghe inte­se? Che ne sarà del centrode­stra? Come si comporterà il cen­trosinistra?
Un cataclisma quale quello cui andiamo incontro non si era mai verificato, se si esclude lo sterminio del pentapartito all’epoca dei Mani pulite, quan­do i fenomenali giudici che con­ducevano la memorabile in­chiesta eliminarono Bettino Craxi, Arnaldo Forlani, Severi­no Citaristi, Giorgio La Malfa ec­cetera lasciando sul campo so­lamente gli ex comunisti che, in­vece di finire in galera come gli altri ladri veri o presunti, si acco­modarono al governo. Cono­sciamo i motivi. Lo stesso Antonio Di Pietro, domenica scorsa, ha dichiara­to al Corriere della Sera di non aver potuto incastrare i marxi­sti pentiti perché Raul Gardini, invece di confessare a chi aves­se materialmente consegnato il tangentone Enimont, ebbe la pessima idea di uccidersi con un colpo di pistola alla testa. A causa di ciò, le indagini si limita­rono­ad accertare che lo stecco­ne miliardario arrivò sì a Botte­ghe Oscure, ma rimase avvolto nel mistero: chi lo intascò?
I vertici dell’ex Pci furono gra­ziati: a differenza di Craxi, Forla­ni e altri, potevano non sapere chi aveva grattato. Ma queste cose,notorie,fanno un po’ ride­re. Dopo quasi quattro lustri, gli scenari sembrano relativamen­te mutati. Sono cambiati quelli che fottono, ma i fottuti sono sempre gli stessi. La sinistra, transitata dalle mani di Achille Occhetto e Massimo D’Alema a quelle di Pier Luigi Bersani e Fi­lippo Penati e poi di Guglielmo Epifani, resta miracolosamen­te ancora vergine. Pulita. Inton­sa. Mentre la destra è quello che è, destinata a farsi bastona­re: brutta, sporca e cattiva.
Dato che Berlusconi è ancora lì a rompere le uova nel paniere progressista, in qualche manie­ra deve pur essere eliminato. Con i voti non c’è verso di batter­lo: anche quando va male, lui se la cava. Finora soltanto Roma­no Prodi l’ha sconfitto: due vol­te. Occhetto le ha prese, France­sco Rutelli pure, Walter Veltro­ni idem. Su Bersani stendiamo un velo. Va da sé che in questa situazione l’unico modo per to­gliersi dai piedi il Cavaliere sia quello di schiaffarlo in galera. Obiettivo perseguito da lunga pezza.
Bisogna riconoscere che ai rossi non difetta la perseveranza: a forza di insistere con le ma­nette, sono sul punto di ottene­re soddisfazione. Ma siamo sicu­ri che le toghe siano tutte pronte ad assecondare i piani progressisti? Non ne siamo convinti, an­che se lo temiamo, giacché il gio­co sporco condotto negli ultimi vent’anni in certi ambienti non ha mai subìto variazioni. Le ma­gagne della sinistra in linea di massima passano in cavalleria, mentre quelle della destra solle­vano sempre polveroni.
L’arma giudiziaria non fallì nello sterminio dei partiti della Prima Repubblica e risparmiò­ - per motivi vari mai chiariti - gli eredi del comunismo. Poiché in quasi un quarto di secolo non si sono registrate svolte ap­prezzabili in materia politica, non hanno forse torto i pessimi­sti nello scorgere all’orizzonte la liquidazione di Berlusconi per mano dei tribunali. Noi pe­rò siamo ottimisti e preferiamo pensare che la magistratura non sia stata completamente contaminata dal conformismo e si salvi in corner, agendo con la serenità che non dovrebbe mai mancare a chi ha l’obbligo di giudicare.
Neutralizzare Berlusconi con una sentenza darebbe ra­gione a chi, maliziosamente ma non immotivatamente, sup­pone che esista una tacita inte­sa, forse una complicità, fra to­ghe nere e bandiere rosse. Una condanna alimenterebbe la sfiducia negli uomini di legge e getterebbe il Paese nel caos. Mandare in galera gli avversari può essere risolutivo, ci rendia­mo conto. Però è dura incarce­rare tutti co­loro che hanno vota­to per il Cavaliere e che mai vote­ranno per i suoi persecutori. At­tenzione, non escluderei rea­zioni poco garbate.
Vittorio Feltri