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 2013  luglio 24 Mercoledì calendario

LA SENTENZA BERLUSCONI -6 PREPARIAMOCI ALL’ULTIMO RICATTO

Tra una settimana esatta sa­premo se Silvio Berlusconi potrà continuare la sua atti­vità politica da uomo libero. La sen­tenza della Corte di cassazione, ul­timo grado di giudizio del proces­so sui diritti Mediaset, è prevista in­fatti per martedì 30 luglio. Manca­no sei giorni, ore decisive per i tecnici di accusa e difesa. Ma a dirla tutta, secondo il pensare più diffu­so, la scelta non sarà tra conferma o no della condanna (4 anni di carce­re, 5 di interdizione dai pubblici uf­fici) come dovrebbe essere, ma so­lo tra condanna subito o a settem­bre i­n base a complicati cavilli pro­cedurali e scelte di opportunità. Lo dico perché appartengo alla schiera dei pessimisti, non per valutazio­ni di merito giudiziario. Due osser­vazioni. La prima: che Berlusconi sia un evasore abituale, come defi­nito in sentenza, è smentito dai fatti: 9 miliardi di tasse versate regolarmente in questi ultimi 18 anni da lui e dalle sue aziende dimostrano in manie­ra inequivocabile che Media­set non è un’impresa pirata ma un fiore all’occhiello del Paese che ha contribuito in modo importante al suo sviluppo in ter­mini economici e occupazionali. La seconda: Berlusconi è accusato, unico grande imprenditore italiano, di non poter non sapere di qualche pasticcio combinato da suoi ma­nager o addirittura ex (due furono licenziati in tronco all’ epoca dei fatti).
Queste due anomalie e forza­ture (non sono le uniche emerse) fanno pensare che le sen­tenze di primo e secondo gra­do fossero già scritte fin dall’ini­zio. Le corti non hanno cercato la verità storica al di là di ogni ragionevole dubbio e con buon senso ma sono andate di­ritte su una tesi accusatoria la­cunosa, raffazzonata e non ve­do perché proprio ora, a un centimetro dal traguardo, la rotta debba cambiare.
Berlusconi la pensa diversa­mente, sostiene che all’ultimo la sua innocenza dovrà essere riconosciuta. Ammiro il suo incrollabile ottimismo e mi augu­ro che ancora una volta abbia ragione. Ha deciso di aspetta­re il verdetto in silenzio, rotto solo per assicurare che la sen­tenza non avrà ripercussioni politiche. Comportamento ap­prezzabile, forse suggerito e condiviso dai collaboratori che in queste ore stanno lavo­rando per la sua salvezza.
Ma proviamo a uscire dai tat­ticismi. Ancora per sei giorni Berlusconi ha il diritto-dovere di difendere se stesso, il futuro suo, delle azien­de del gruppo e del parti­to che ha fondato come meglio crede e non è il ca­so di tirarlo per la giac­chetta. Insegnare ai gatti ad arrampicarsi è inutile oltre che presuntuoso. Ma se il 30 dovesse avve­nire l’irreparabile, allo­ra il problema non sareb­be più esclusiva del pre­sidente ma diventereb­be anche nostro, cioè di quei dieci milioni di ita­liani che rimarrebbero senza la rappresentanza politica liberamente scelta nelle urne. Penso che a quel punto tutti noi liberali avremmo a no­stra volta il diritto-dove­re di fare sentire forte, nei modi e nelle forme che riterremo, le nostre ragioni. Non ho idea di che cosa potrebbe deci­dere il Pdl e non credo che la questione centra­le sia se tenere in piedi questo governo o no. Le larghe intese potranno anche rassicu­ra­re i professionisti della politi­ca, forse addirittura i mercati ma certo - almeno che non vo­gliamo prenderci in giro - non saranno mai decisive per la so­lu­zione della crisi che può arri­vare solo da un riequilibrio dei patti che tengono in piedi lo sciagurato euro.
Eppure, scommetto, se la sentenza dovesse condannare definitivamente Berlusconi si alzerà forte un coro minaccioso verso di lui e il Pdl: fate i bra­vi, state a cuccia al fianco del governo Letta altrimenti lo spread risale, l’Europa di arrab­bia e altre palle del genere già sentite per insediare i tecnici di Monti con il risultato che ben conosciamo. Sarà un gi­gantesco ricatto per tentare di accompagnarci per mano fuo­ri dalla politica e dalla storia di questo paese in modo da spar­tirsi comodamente le spoglie e soprattutto il bottino. Io credo che, comunque vada, Berlu­sconi non debba e non possa uscire di scena, per di più con l’imbroglio, se non per volontà degli elettori. E allora preparia­moci, se dovessi avere ragione io e non lui su ciò che succede­rà il 30, a dirlo forte e chiaro a chi ha costruito - dentro e fuori i palazzi di giustizia - questo imbroglio. E anche a lui medesi­mo, nel nostro interesse.