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 2013  luglio 26 Venerdì calendario

DUBLINO VUOLE ABOLIRE IL SENATO


Il 31 maggio dell’anno scorso l’Irlanda chiamava alle urne i suoi cittadini per il referendum sul Fiscal compact, il nuovo Patto di stabilità che istituzionalizzava il rigore di bilancio. Il 4 ottobre prossimo a Dublino si terrà una nuova consultazione popolare per decidere se abolire il Senato.
Vista in questa luce la seconda decisione sembra figlia di un calcolo molto lineare: dopo anni di rigida austerity, imposta dai creditori internazionali a Dublino come prezzo del salvataggio da 67,5 miliardi concesso nel 2010, i politici - nella fattispecie il governo - mettono sul piatto anche un taglio che li riguarda. Un do ut des più che comprensibile, tanto più se si pensa che pochi giorni dopo il referendum l’esecutivo annuncerà il budget 2014, con ulteriori tagli al settore pubblico e ai salari nonché nuove tasse.
La questione è un po’ più complessa, con l’opposizione che già accusa la coalizione di maggioranza (il Fine Gael del premier Enda Kenny e i laburisti) di voler indebolire il Parlamento e contesta i risparmi annunciati.
Il Senato irlandese conta 60 membri (i deputati della Camera bassa sono invece 166), non viene eletto direttamente dalla popolazione ma è composto da parlamentari scelti con criteri diversi. I suoi poteri sono prevalentemente consultivi: esamina i disegni di legge elaborati dalla Camera, ma può solo rinviarli e non bloccarli. Viste le sue mansioni - è la tesi del governo - non vale i suoi costi, pari a 20 milioni di euro all’anno (100 milioni nell’arco di una legislatura) tra stipendi dei senatori - 65mila euro all’anno indennità escluse - e del loro staff. Non mancano gli analisti che danno ragione al premier, sottolineando che pochi elettori sentiranno la mancanza di un organismo che raramente ha giocato un ruolo di primo piano nella vita politica irlandese.
Partiti di opposizione e critici del governo però non la pensano così. Michael McDowell, ex vicepremier, ha scritto una lettera all’Irish Times in cui biasima il «potere oscuro» dell’esecutivo che minaccia di cancellare «l’unica Camera dove sopravvivono libertà di parola, pensiero e azione»; qualcuno rifà i conti per concludere che i risparmi non saranno di 20 ma di 6 milioni e mezzo all’anno; altri addirittura scomodano il Libro dei Proverbi e Re Salomone perché «la sicurezza poggia sulla moltitudine dei consiglieri» (in questo caso i senatori aboliti). La battaglia referendaria è già cominciata.