Roberto Turno, Il Sole 24 Ore 26/7/2013, 26 luglio 2013
ANCORA OTTO GIORNI DI FUOCO PER IL PARLAMENTO
Almeno altri 3-4 voti di fiducia già pronti in canna, leggi che tremano, altre destinate al rinvio, ostruzionismo grillino destinato a salire di tono. Il tutto in attesa della sentenza della Cassazione di fine mese su Berlusconi che potrebbe far saltare il banco anche prima della fine dei giochi. Benvenuti nel Vietnam parlamentare di mezza estate. La paralisi che per un giorno intero fino al tardo pomeriggio di ieri ha investito l’aula di Montecitorio per le performance del M5S, in fondo, è solo un assaggio. Gli otto giorni scarsi di lavori parlamentari che restano fino all’8 agosto, dopo di che (salvo mai accaduti prolungamenti dell’attività fin sotto ferragosto) dovrebbe scattare lo stop per le ferie estive, si annunciano sempre più carichi di tensioni. E di trabocchetti all’ordine del giorno per il governo e per la maggioranza non maggioranza che lo sostiene.
La road map delle "leggi da fare" tracciata non più di sette giorni fa da Enrico Letta e condotta dal ministro per i rapporti col Parlamento, Dario Franceschini, è ora nel bel mezzo di un bivio. Dove le scorciatoie ormai non esistono più, salvo i voti di fiducia, appunto, già pronti per la bisogna e che non a caso il Consiglio dei ministri ha già deliberato di porre in Parlamento, se, come è pressoché una certezza, la carica degli emendamenti e i tempi strettissimi per incassare anche solo in parte le leggi in cantiere, lo richiederanno. I sei decreti legge da convertire sono l’esempio più eclatante delle urgenze parlamentari da risolvere. Ma non solo, naturalmente. Tra voto di scambio, stop al finanziamento pubblico ai partiti, lotta a omofobia e transfobia, legge Comunitaria, comitato parlamentare per le riforme costituzionali, la strada dei provvedimenti in calendario tra fine mese e l’8 agosto, è lastricata di complicazioni. E di possibili rinvii all’autunno, quando il calendario parlamentare comincerà a infittirsi di altri ingombranti appuntamenti. Come la legge di stabilità 2014 che si annuncia come una manovra a tutto tondo. Con le partite che riguardano Imu e Iva che non potranno più essere affrontate con semplici rinvii. Proprio mentre la crisi si annuncia ancora più dura e l’emergenza lavoro potrebbe toccare nuovi e sgraditi picchi.
Sui decreti si giocherà una partita a incastro. Il decreto "del fare" va al Senato dove la seconda fiducia sembra ormai scontata, col pericolo in più di un nuovo ritorno alla Camera. Dal Senato invece dovranno passare alla Camera, dopo che da lunedì saranno votati in aula, i decreti Iva-lavoro e svuota carceri: altre fiducia in vista. Mentre il decreto Ilva non passerà in discesa sempre al Senato per il voto finale e pure quello sugli eco-bonus (alla Camera) dovrà fare gli straordinari. Unica nota semi positiva: il Dl sui debiti sanitari, che è stato accorpato nel decreto del fare".
E già soltanto a considerare il pacchetto dei decreti legge, la road map indicata da palazzo Chigi è destinata a subire non solo una semplice aggiustatina. Tanto più se si considera il combinato disposto del cammino dei Dl con l’iter degli altri provvedimenti in calendario. Una miscela esplosiva, visto l’incrocio dei tempi di voto previsti (o sperati) proprio negli stessi giorni. Ecco così che alla Camera andrà in scena fin dalle prossime ore il Ddl (da inviare poi al Senato) contro l’omofobia e la transfobia, tra contrasti ancora irrisolti Pd-Pdl. E ancora, sempre alla Camera, rischia di restare un rebus per l’aula l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Come il comitato per le riforme costituzionali, contro il quale il M5S annuncia le barricate, che se rinviato allungherebbe anche i tempi per il varo (presunto) delle riforme entro due anni, durata della legislatura permettendo. Ma senza scordare la legge Comunitaria, da varare entro l’estate (alla Camera) pena pesanti multe europee.
Insomma, il rischio flop non è solo un’ipotesi. Con la delega per la riforma fiscale che spunterà con più precisione da settembre. E con alcuni Ddl del governo che sono come dei desaparecidos: le semplificazioni e il taglia-province su tutti. In Parlamento non sono mai arrivati.