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 2013  luglio 26 Venerdì calendario

IL MIGLIOR DEBITO? QUELLO ITALIANO


È stato affermato molte volte che l’Italia ha mancato un’occasione unica per cambiare la sua storia nei primi anni dell’euro, quando i due governi Berlusconi dal 2001 al 2006 non furono capaci di continuare a far scendere il rapporto debito/Pil come avevano fatto i precedenti governi di centro-sinistra. È vero, ma solo in parte.

Infatti, anche nel quinquennio 2002-2006, assai difficile dal punto di vista dell’economia mondiale, l’Italia ha comunque prodotto un avanzo primario cumulato di 6,6 punti di Pil mentre la Germania cumulava un disavanzo al netto degli interessi di 2,2 punti, la Francia di 2,4 e la Gran Bretagna di 5.
Si è inoltre spesso ricordato con rimpianto che il governo di Prodi e Padoa-Schioppa stava rimettendo i conti pubblici italiani sulla giusta via nel 2007-2008. E ciò è verissimo, perché in soli due anni, il 2007 e il 2008, l’Italia realizzò 5,9 punti di surplus statale primario; peccato però che la maggioranza che sosteneva quel governo (che lavorò bene anche sull’Ici e sul cuneo fiscale) lo fece saltare e di ciò deve rammaricarsi soprattutto con se stessa.
Infine, si è affermato che nel 2011 l’Italia è finita nel mirino degli attacchi speculativi sia per ciò che i governi Berlusconi non avevano fatto nel 2001-06, sia perché il nuovo governo Berlusconi succeduto a Prodi avrebbe nuovamente male operato anche nel corso della crisi mondiale scoppiata nell’ottobre 2008. Ciò tuttavia non è vero, perché se anche nel 2011 avessimo avuto un debito pubblico pari al 105-110% del Pil anziché al 120% (ipotizzando che l’Italia tra il 2001-2006 avesse continuato a macinare gli avanzi primari record del centro-sinistra che Berlusconi non seppe ripetere), i mercati e la speculazione ci avrebbero comunque attaccati inesorabilmente a causa della nostra debolezza politica. Il copione dell’estate 2011 era già scritto. Infatti, anche col 105-110% del Pil il nostro debito sarebbe stato comunque il "secondo" d’Europa dopo quello greco, in base al modo di pensare prevalente.
Non è poi per nulla vero che nei primi anni della crisi attuale i nostri conti pubblici sono stati mal gestiti. Infatti, per merito di Tremonti nel 2009-2010 il deficit statale italiano è stato tra i più bassi; e nel 2011, mentre lo spread si impennava sull’onda del "bunga bunga" e della nostra perdita di credibilità politica, il bilancio primario dell’Italia migliorava paradossalmente all’1,2% del Pil, tra i pochi casi positivi nell’Eurozona, assieme alla Germania (1,8%) e all’Estonia (1,3%), nonché nell’intero mondo avanzato. Purtroppo, nel 2011 il nostro Paese ha pagato una caduta verticale di immagine sul piano internazionale a causa degli scandali, delle divisioni della maggioranza e delle incertezze che sono la vera colpa non redimibile del governo Berlusconi che poi dovette clamorosamente dimettersi.
Se gli italiani valutassero obiettivamente i fatti, separando la storia del nostro debito pubblico dai contrasti politici che hanno avvelenato la vita del nostro Paese negli ultimi vent’anni, forse riuscirebbero a capire un po’ meglio che cosa realmente non va nei nostri conti e come si potrebbe intervenire per migliorarli, cominciando dai tagli alla spesa improduttiva e agli sprechi. Non solo. Se gettassimo finalmente alle ortiche le posizioni catastrofiste che noi stessi abbiamo alimentato sul nostro debito, spesso per poter scaricare strumentalmente le colpe gli uni sugli altri, forse come sistema-Paese riusciremmo anche a spiegare meglio ai mercati e alle istituzioni internazionali perché l’Italia non merita lo spread attuale, ma al massimo un differenziale di 100 punti, come ha recentemente affermato lo stesso ministro dell’Economia Saccomanni.
Andrebbe comunicato con forza che il debito italiano durante questa crisi è tra quelli cresciuti di meno in percentuale, sia monetariamente sia in rapporto al Pil, a livello mondiale. Che il rapporto debito pubblico/Pil è ormai un indicatore fuorviante e che andrebbe perlomeno valutato assieme allo stock di ricchezza finanziaria privata. Pochi sanno che il debito pubblico italiano finanziato da non residenti (pari al 45% del Pil) è più basso di quelli di Germania e Francia, mentre il nostro debito pubblico "interno" è abbondantemente coperto (per oltre il 50%) dalla ricchezza finanziaria netta delle famiglie, a differenza, ad esempio, di quello spagnolo.
Ma soprattutto andrebbe messo in evidenza che dal 1995 al 2012 l’Italia è stata costantemente in avanzo primario con la sola breve eccezione del 2009. Nessun altro Paese dell’Eurozona è stato capace di fare altrettanto. In questo periodo abbiamo cumulato un surplus statale primario di 593 miliardi di euro a prezzi correnti, un autentico record, rimborsando interessi per complessivi 1.445 miliardi di euro, poco meno della metà dei quali serviti dall’avanzo primario stesso senza creare nuovo debito. Mentre Francia, Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone e tutti i Paesi "periferici" nell’ultimo ventennio hanno interamente pagato i loro interessi cumulati generando nuovo debito, oltre a farne parecchio di nuovo anche per finanziare nuova spesa pubblica.
In conclusione, l’Italia è tra le poche nazioni che hanno sempre dimostrato di poter pagare almeno parte degli interessi sul proprio debito pubblico in contanti e non con nuovi "pagherò". Il rapporto medio avanzo statale primario/interessi dell’Italia nel 1995-2012, pari a circa il 40%, è migliore persino di quello di Paesi ritenuti "virtuosi" come l’Olanda (25%) e la Germania (17%). I mercati e le agenzie di rating dovrebbero finalmente comprendere che il nostro Paese, al di là degli sforzi e delle riforme che ancora deve fare, merita spread e rating migliori. E noi tutti dovremmo batterci di più per farlo capire.