Luigi Offeddu, Corriere della Sera 26/07/2013, 26 luglio 2013
BELGIO, LA FIGLIA SEGRETA DEL RE: «PROVERO’ CHE E’ MIO PADRE» — «Sì
BELGIO, LA FIGLIA SEGRETA DEL RE: «PROVERO’ CHE E’ MIO PADRE» — «Sì, sono una bastarda»: lo ha scandito tempo fa in televisione, prima serata, un terzo dei cittadini belgi ad ascoltare. Era furiosa come tante altre volte, Delphine Boël, 45 anni, per sua definizione «artista d’avanguardia», quarta figlia presunta e mai riconosciuta del re Alberto II, in quel momento ancora sul trono. Lei aveva appena chiesto in tribunale che al presunto papà, e ai presunti fratellastri Filippo e Astrid, fosse prelevato il Dna per il riconoscimento della paternità (il terzo fratellastro, Laurent, non fu coinvolto perché suo «beniamino» o per altri motivi mai disvelati). Ma il re era appunto il re, coperto per legge da un’immunità totale: giudici compatti, domanda respinta. Poi, il 21 luglio, compiuta l’abdicazione e salito al trono il figlio Filippo, ecco che Alberto, 79 anni, perde insieme corona e immunità. E lei, la Cenerentola di corte, torna alla carica. Riparte la girandola delle provette.
Delphine chiede di nuovo che sia prelevato il Dna ad Albert e ad Astrid (non a Filippo: ormai è re, l’immunità protegge lui), ha fior di avvocati al fianco, si mormora di indennizzi milionari. Nel frattempo, saputo di quanto sia desiderosa d’avere Alberto come papà, il padre legale Jacques Boël la disereda. Si preannuncia anche la comparsa in tribunale di sua madre, la baronessa Sybille Michèle Emilie de Selys Longchamps, bella da leggenda (ma non come l’«italiana» Paola), due mariti, per 18 anni amante di Alberto, decisa «a dire la mia verità». Le telecamere sono già mobilitate, per l’autunno si annuncia una clamorosa battaglia giudiziaria: Alberto e Paola, appena andati in pensione dopo un lungo e turbolento matrimonio, dovranno probabilmente rinunciare alla tranquillità tanto attesa.
Qualche sognatore dice ora: se avessero invitato Delphine alla festa dell’incoronazione, tutto ciò non sarebbe successo. Ma il protocollo non l’ha naturalmente invitata, né lei né la figlia bambina, nessuno ha detto loro «altezza». «Come Mitterrand e la figlia — continua a dire lei — se noi ci incontrassimo, non ci sarebbe più bisogno di parlare tanto di me».
Quando però il gelo continua, Delphine inaugura certe sue opere, con titoli come: «Non puoi cambiare la verità ma la verità può cambiare te», «Basta con il bla-bla», e così via; e qualcuno crede di intuire a chi siano diretti i messaggi.
Nel 1999, in un discorso natalizio, re Alberto aveva parlato apertamente della lunga crisi coniugale con la moglie, ed era arrivato a una sillaba dal nominare una figlia nascosta. Ma non lo fece. Oggi, se Delphine vincesse la causa, avrebbe diritto a una fetta dell’eredità paterna. Ma non entrerebbe nell’asse di successione (la madre non fa parte della famiglia) né avrebbe l’appannaggio stabilito dal Parlamento per le principesse. Forse le basterebbe che sua figlia chiamasse qualcuno «nonno».
Luigi Offeddu