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 2013  luglio 26 Venerdì calendario

L’ERRORE POPULISTA DI GIUSTIFICARE UN REATO

L’«evasione di sopravvivenza» richiamata ieri dal viceministro Stefano Fassina, non è lo sfogo ragionevole contro un fisco sempre più rapace che impone aliquote difficilmente comparabili. Ma si presta in realtà a una seconda lettura, meno ragionevole e non condivisibile.
Intanto la curiosa legittimazione del viceministro non poteva di sicuro essere diretta ai redditi medio-bassi, visto che questi sono gravati da aliquote relativamente modeste e comunque sono imposte alla fonte: un’area, quindi, per definizione priva di evasione. Né poteva avere come destinatarie le categorie sulla cui attività insiste costante l’Iva - si pensi ai commercianti o agli artigiani - visto che il mancato versamento all’erario delle somme corrispondenti rappresenta una sottrazione (a loro beneficio esclusivo) di quanto il consumatore ha pagato perché sia destinato alle casse dello Stato. Infine, quella giustificazione non poteva essere destinata a quanti sono evasori da sempre e che oggi continuano ad evadere brandendo furbescamente la bandiera dell’aliquota impossibile per legittimare un’azione punita dal codice.
Tutto ciò non giustifica le esasperazioni e i soprusi del fisco, soprattutto quando sono diretti a cittadini onesti o ad aziende che fanno il loro dovere. Semmai la strizzata d’occhio di Fassina appare rivolta al popolo delle partite Iva, in cerca di una captatio dal vago sapore elettorale. Con l’effetto boomerang di una ulteriore profonda frattura, sottovalutata, nel popolo del Pd. Così accade sempre con le furbizie: come le bugie, hanno le gambe corte.