Amedeo La Mattina, La Stampa 26/7/2013, 26 luglio 2013
«NON C’È NIENTE DA CAPIRE E NON È UNA BESTEMMIA»
Quando alle sei del pomeriggio esce dalla sala del governo, mentre in aula il premier Letta sta parlando anche di lotta indefessa all’evasione fiscale, Stefano Fassina dovrebbe avere la faccia contrita di chi l’ha detta grossa e si prepara a rettificare, aggiustare, minimizzare. E invece neanche per sogno. Il viceministro dell’Economia che non ride mai non cambia di una virgola la sua affermazione piena di pepe, «c’è chi evade per sopravvivere». Ecco, con l’evasione di sopravvivenza Fassina rompe un tabù nella sinistra e il Pdl ha già pronta la tessera per lui, che paradossalmente è sempre stato il bastian contrario della sinistra Pd.
Del resto Renato Brunetta ha sempre detto che tra loro due ci sono molti punti in comune, tra i tanti quello di essere super critici nei confronti della politica di austerità teutonica. Proverbiale le sue intemerate contro la lettera della Bce (quella dei suggerimenti di Trichet all’Italia) che quando era responsabile economico dei Democratici lo contrappose all’allora vicesegretario Letta. Oppure il 21 ottobre 2011: Stefano ironizzò sull’assenza di Letta (sempre lui) alla manifestazione della Fiom. L’altro rispose che certe provocazioni sono difficilmente compatibili con l’equilibrio necessario per rappresentare tutto il Pd in una materia come l’economia. In effetti è quello che sta accadendo anche adesso con l’uscita sull’evasione di sopravvivenza.
«Non ho nulla da chiarire con Letta, ma per favore, io queste cose le ho già dette e le ho scritte tante volte», dice attraversando il Transatlantico di Palazzo Madama. «Non è una bestemmia, ho detto la verità». Non ha la faccia di uno che deve giustificarsi, ma si capisce che il viceministro è nervoso. Soprattutto quando lo paragonano a Berlusconi, come se gli infilassero un pugnale nel fegato. «Ma che c’entra? Come si fa a paragonare quello che ho detto io con le parole di una persona che teorizza l’evasione per le troppe tasse che ci sono in Italia, che ha fatto pagare pochi spiccioli a chi ha portato i capitali all’estero. Ma via, per favore!».
Susanna Camusso considera scandalose anche le sue parole. Fassina agita l’IPad che ha in mano. «Ho letto. È strano che un giorno mi diano del comunista trinariciuto e un giorno mi vogliano dare la tessera del Pdl. Questa è una storia che ho già visto». Quale sarebbe la storia che ha già visto? Fa una pausa, si allontana, si ferma, ricorda che nel suo partito ha già avuto tanto da discutere e polemizzare. Quasi non gli va di farlo di nuovo, ma con quella faccia che non sorride mai non si tiene e fa presente di essere stato facile profeta. «Ve lo ricordate quando criticavo il governo Monti? Volevano espellermi, cacciarmi, strapparmi la tessera. Poi però tutti mi vennero dietro..., perchè avevo ragione». Tutti? «Una buona parte e succederà lo stesso, ma ora certe cose non hanno il coraggio di dirle...».
Secondo Fassina sono in tanti a pensarla come lui, che c’è veramente un’evasione di necessità. Chi non ha il coraggio di dirlo, ma la pensa come lui, sarebbero innanzitutto i liberal, coloro che sono più vicino alle idee di Letta. Ma questo non lo dice, non lo può dire, l’allievo prediletto di Vincenzo Visco che della lotta all’evasione aveva fatto la sua cifra quando era al posto del suo pupillo al ministero dell’Economia.