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 2013  luglio 26 Venerdì calendario

SICUREZZA, ITALIA BATTE SPAGNA

Siamo umani, siamo umani», urla via radio il macchinista un attimo dopo l’incidente. Ma le macchine in quella maledetta curva prima di Santiago l’uomo non l’hanno proprio aiutato. Almeno, non come gli avrebbero dato una mano da noi, dove se chi è alla guida di un treno si sente male o va fuori di testa ha un sistema di controllo che quasi metro per metro consente di azionare per tempo il freno d’emergenza.

Per capire perché da noi quello che è successo in Spagna non potrebbe accadere dobbiamo però partire proprio dalle cause della tragedia di Santiago.

I limiti del modello spagnolo Non sarebbe successo quel che è successo se quel treno avesse viaggiato sulla linea di alta velocità. In Spagna, come in tutta Europa, sull’Av funziona il sistema satellitare «Ertms» (European Rail Traffic Management System). Un meccanismo all’avanguardia, utilizzato per primi proprio da noi italiani, che non solo consente di seguire istante per istante la marcia del treno, ma garantisce anche la giusta distanza tra un convoglio e l’altro. Se il macchinista non rallenta quando deve farlo, scatta la frenatura d’emergenza. Ma il treno spagnolo, un Intercity veloce da 240 km l’ora, era appena uscito dalla tratta Av per viaggiare su una linea ordinaria. Su questa in Spagna funziona un sistema di controllo della marcia del treno che si chiama «Asfa» e avvisa con un segnale il macchinista che deve rallentare o frenare solo in prossimità di un semaforo o di un tratto a velocità limitata. Un sistema che un documento europeo definisce «no fail-save», ossia «non a prova di errore».

Lo stesso documento indica il tempo di frenata da 190 a 80 kmh, ossia quello che sarebbe stato necessario per fermare il missile di Santiago: 57 secondi. Un’eternità a quelle andature. In pratica se un treno viene lanciato a una velocità molto superiore a quella consentita, l’Asfa non lascia il tempo necessario per riportarla entro il limite di sicurezza. Tant’è che il sindacato dei macchinisti spagnoli l’ha detto a chiare lettere che « il sistema Asfa è indicato per tratti di ingresso nelle città o in prossimità della stazioni, quando il treno procede più lentamente, ma non in campo aperto dove è avvenuto il deragliamento».

In Italia non potrebbe accadere Da noi su 12mila chilometri di linea ferroviaria ordinaria funziona l’Scmt, il Sistema Controllo Marcia del Treno: ogni 200 metri dei nostri binari dove transitano intercity e treni pendolari, delle boe mandano costantemente dei segnali a un decoder installato sul treno, che dice al macchinista quando deve rallentare o fermarsi. Quando non lo fanno, scatta il sistema automatico di frenatura. Il fatto che il controllo avvenga a distanza così ravvicinata impedisce che si arrivi a velocità elevata in prossimità del punto dove la velocità va limitata. Da noi quel treno avrebbe iniziato a rallentare prima. «Quanto accaduto a Santiago de Compostela in Italia non potrebbe accadere, i passeggeri italiani possono stare tranquilli», assicura Giorgio Diana, massimo esperto di sicurezza ferroviaria del Politecnico di Milano, che si occupò del deragliamento del Pendolino di Piacenza nel 1997.

Lo spartiacque di Piacenza A quell’epoca in Italia c’era un sistema meno evoluto dell’Scmt, ma in quel tratto dava problemi. Faceva rallentare i treni anche quando non doveva. Per questo i macchinisti avevano iniziato a disattivarlo. Risultato: il Pendolino uscì rovinosamente dai binari, morirono otto persone, e prese un bello spavento l’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che proprio su quel treno viaggiava. Da allora i nostri macchinisti non possono più disattivare i sistemi di sicurezza. Se non funzionano si raggiunge la meta a 40 km l’ora e poi si chiude la linea fino a che l’Scmt non viene riparato.

Le falle del sistema italiano I dati dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza delle ferrovie dicono che stiamo meglio degli altri Paesi europei sia come collisioni di treni (0,01 ogni milione di km percorsi contro 0,046), che come deragliamenti (0,02 contro 0,041) o problemi tecnici (0,005 contro 0,019). Ma a vedere gli incidenti degli ultimi anni, Viareggio in testa, non si direbbe che da noi si possono dormire sonni tranquilli. E un motivo c’è. Come sistemi di sicurezza le nostre linee sono da sempre all’avanguardia. Però c’è il dissesto geologico a minare le nostre linee e, soprattutto, «il 39% degli incidenti gravi, come i deragliamenti – denuncia l’Agenzia -, è causato da cattiva manutenzione». Insomma, siamo bravi a inventare sistemi di sicurezza all’avanguardia ma poi pecchiamo di incuria. Un difetto italiano, non solo delle nostre ferrovie.

(ha collaborato Ana Isabel Fernandez Campos)