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 2013  luglio 25 Giovedì calendario

ECCO PERCHÉ PER I COSTITUENTI BERLUSCONI NON È ELEGGIBILE

La legge del 1957 è vecchia, è scritta male, è confusa e quindi Silvio Berlusconi è eleggibile nonostante sia concessionario dello Stato. Questo lo dicono ormai quasi tutti, anche quelli che qualche tempo fa dicevano il contrario. Quando la discussione si fa tecnica, invece, i giureconsulti del Cavaliere sostengono che le norme impediscano l’elezione solo a chi è titolare di concessioni economicamente rilevanti “in proprio”, vale a dire “in nome proprio”, mentre Berlusconi è solo uno degli azionisti di Mediaset.
Recentemente questa tesi, che regge fin dall’elezione del 1994, è stata ampliata dal concetto che, con la legge Gasparri, la concessione è stata sostituita da un’autorizzazione generale. Il nostro, dunque, è eleggibile perché non è nemmeno più concessionario. Ma è davvero così? A chiedere ai nostri padri costituenti pare proprio di no. Non si tratta di un esercizio vano, visto che la legge ancora in vigore sui criteri di ineleggibilità e incompatibilità – poi inglobata nel Dpr del 1957 – l’hanno scritta proprio loro a partire da un caso specifico: quello dell’ingegner Guglielmo Visocchi, eletto all’assemblea per la Dc. L’ingegnere gestiva, con rilevante soddisfazione economica, un paio di concessioni di acque pubbliche a fini idroelettrici e un’altra per una miniera: l’intestatario, però, non era lui, ma alcune società che Visocchi controllava. La legge dell’epoca, peraltro, conteneva la parola “personalmente ” e non l’espressione “in proprio” come l’attuale, ma questo non fermò la Giunta per le elezioni, che annullò la sua elezione all’unanimità (decisione poi confermata dall’aula). Siamo al dicembre 1947.
Ruggero Grieco, comunista, relatore in Giunta: “Si tratta di evitare che nell’assemblea abbiano ingresso cittadini che, qualunque opinione si abbia sulla loro funzione in altri campi, non possono far parte delle assemblee parlamentari senza implicare timori di eventuali perturbazioni”.
Enrico Molè del Partito democratico del lavoro: “Conflitto di interessi, ecco il criterio discriminatore della ineleggibilità. La legge sanziona la ineleggibilità, perché vuole evitare che nel conflitto permanente, attuale e potenziale, tra privato e Stato, il privato abbia il prestigio e l’autorità della più elevata funzione pubblica nel tutelare il suo interesse”
E ancora: “Visocchi, socio della Società concessionaria, potrebbe farsi schermo della teorica distinzione tra le persone fisiche dei soci e la personalità giuridica della società? (…) Non può essere deputato alla Costituente chi ha una situazione così delicata di rapporti economici con lo Stato. Visocchi non può essere deputato. Il deputato Visocchi è escluso dall’industriale Visocchi”.
LA NUOVA LEGGE. Vista la battaglia sull’ingegnere Dc, i costituenti pensarono bene di cambiare la legge in modo da renderla più chiara: tra le cause di ineleggibilità vennero dunque incluse tanto le concessioni che le autorizzazioni, mentre l’espressione “in proprio” fu utilizzata ad indicare “nel proprio interesse” (e non “in nome proprio” come ha chiarito il costituzionalista Incorvati). È sempre alla fine del 1947 e questi sono alcuni estratti del dibattito. Ludovico Sicignano, comunista: “Chiunque si sia occupato di questa materia sa bene che la distinzione fra concessione e autorizzazione ha fornito materia a tutte le scappatoie a coloro che hanno rapporti economici con lo Stato per poter sedere in quest’aula (...) Noi dobbiamo evitare per l’avvenire che uomini che hanno rapporti d’affari di milioni con lo Stato possano entrare in Parlamento ed abusare della loro carica per aumentare ancora di più le loro concessioni, salvo poi farle passare per semplici autorizzazioni”.
Umberto Grilli, socialista, relatore del ddl: “Quanto alla questione se si debba trattare di ineleggibilità o incompatibilità, noi abbiamo insistito per l’ineleggibilità per questo motivo: non vogliamo che l’uomo che fa i suoi affari con lo Stato possa tentare di entrare in Parlamento proponendo la sua candidatura e poi, se riesce, egli rinunzia agli affari in corso; se la battaglia elettorale va male, riprende i suoi affari. Abbiamo paura degli affaristi in Parlamento”.
Giuseppe Cappi, democristiano: “In una materia così delicata è preferibile vi sia più rigore”.
Umberto Nobile, comunista: “Si tratta di evitare la possibilità che il deputato adoperi, a beneficio proprio o della società che rappresenta, la propria influenza”. Aldo Bozzi del gruppo Udn di Luigi Einaudi: “Noi non intendiamo sancire l’ineleggibilità per chiunque abbia una concessione; noi vigiliamo che l’affarismo non entri qui quando sia qualificato in un certo modo, cioè non l’affarismo in sé e per sé; ma l’affarismo che abbia determinate proporzioni”.
Mauro Scoccimarro, comunista, ex ministro delle Finanze: “C’è ancora in Italia chi pensa che è possibile servirsi degli affari per conquistare una posizione politica e servirsi poi della conquistata posizione politica per potenziare i propri affari (...) Non si possono avere rapporti di affari con lo Stato che importano miliardi, qualunque sia la forma giuridica del rapporto, e sedere in quest’aula”.
La ratio della legge, insomma, è chiara: per i costituenti Silvio Berlusconi è ineleggibile. “Tutto il resto - come disse allora Enrico Molè - è contorno, vaniloquio, insinuazione”.