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 2013  luglio 24 Mercoledì calendario

BEETHOVEN, LA STECCA DI ALLEVI

Povero Giovanni Allevi. Massacrato per un giorno intero, sulla Rete e non solo, per aver detto una cosa che pensa davvero. E reputa persino scontata. Jovanotti meglio di Beethoven, o più esattamente: “Un giorno ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare approccio con la musica. Stavo ascoltando la Nona Sinfonia di Beethoven e accanto a me c’era un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando finisse. Credo che in Beethoven manchi il ritmo. Con Jovanotti, con il quale ho lavorato, ho imparato il ritmo, elemento che manca nella tradizione classica”.
LO HA DETTO al Giffoni Festival, ritirando il Giffoni Award. Potevano chiamare la neuro, è partito l’applauso (sul momento. Poi no).
A inizio carriera Allevi fu celebrato da quasi tutti, perché metteva tenerezza, ricordava Harry Potter coi capelli di un Cocciante imberbe e nelle interviste diceva cose tipo: “Il bizzarro contemporaneo delle particelle subatomiche nel nostro cervello può dare origine a idee, melodie e pensieri improvvisi”.
E le pronunciava da nuovo Mozart, convinto davvero di aver detto qualcosa di geniale e – ancor più – di avere “abbattuto gli steccati”.
Poi il vento è cambiato. Edmondo Berselli lo punzecchiava di continuo, reputandolo “un compositore e un esecutore veltroniano”.
Il coperchio al mellifluo consenso trasversale lo ha tolto cinque anni fa Uto Ughi, infastidito per la decisione del Senato (vabbè, c’era Schifani presidente) di fargli dirigere il concerto di Natale.
DA ALLORA, la grandine. Da una parte le vendite prodigiose, segno di una capacità forse involontaria di intercettare il gusto popolare. Dall’altra, il bombardamento: “Marketing, non musica”; “Pianista dei tasti bianchi, che ignora i neri”; “Edulcorato e accattivante”; “Banale e scontato”; “Falso profeta”; “Il Moccia della classica”.
Al Giffoni, Allevi ha nuovamente lamentato l’ostracismo di quei colleghi che “mi ritengono un impostore”. Poi però ha piazzato il lieto fine, che nelle sue composizioni non manca quasi mai, e forse anche per questo venera Jovanotti: “La cosa importante è raggiungere il cuore della gente. Lì la mia musica può entrare”.
E alè, tutti vissero felici e contenti. Soprattutto Giovanni Allevi.