Luca Ricolfi, Panorama 25/7/2013, 25 luglio 2013
ALTE TASSE, ALTA EVASIONE
Lotta all’evasione fiscale, se ne parla da decenni. Ma le tasse non pagate restano su livelli altissimi (circa 150 miliardi di euro), mentre gli ultimi dati del ministero dell’Economia rivelano che ben poca parte dell’evasione accertata viene effettivamente recuperata. E questo sebbene negli ultimi anni i poteri del fisco siano stati notevolmente ampliati, e i diritti dei contribuenti siano stati spesso calpestati. Perché, nonostante tutto, l’evasione in Italia resta altissima?
La ragione fondamentale è che le aliquote, in particolare quelle che gravano sulle imprese, sono fra le più alte del mondo (il prelievo sul profitto commerciale, o total tax rate, è pari al 68,3 per cento, un livello che non ha eguali fra i paesi Ocse). Se le aliquote sono troppo alte, i contribuenti non pagano. E infatti, nella letteratura scientifica sull’evasione fiscale, il livello delle aliquote è considerato uno dei migliori predittori del tasso di evasione: se vuoi sapere quanta evasione c’è in un paese, chiediti quanto sono alte le sue aliquote fiscali.
Questa spiegazione, tuttavia, lascia aperta una seconda domanda. Se è chiaro che più alte sono le tasse, più la gente è spinta a non pagarle, non è altrettanto chiaro come mai certi stati (per esempio quelli scandinavi) riescano a far pagare tasse piuttosto salate, mentre altri stati (per esempio quelli mediterranei) non ci riescono affatto. Qui il discorso si fa più interessante, anche se alquanto amaro: in paesi come l’Italia chiudere un occhio sull’evasione fiscale è una precisa politica, ossia una scelta più o meno consapevole dei governanti. Per capire come mai, basta provare a immaginare che cosa succederebbe se si conducesse una lotta seria all’evasione fiscale. Succederebbero almeno tre cose.
Primo: diversi professionisti, gioiellieri, commercianti pagherebbero di più. Fin qui tutto bene, è quel che è successo con i blitz spettacolari tipo Cortina.
Secondo: alcune decine di migliaia di piccole imprese ed esercizi del Centro-Nord chiuderebbero, licenziando centinaia di migliaia di persone.
Terzo: l’economia del Mezzogiorno, dove il tasso di evasione è circa il triplo di quello del Nord, sarebbe rasa al suolo. Almeno 1 milione di persone perderebbe il lavoro. La gente scenderebbe in piazza contro lo Stato, mentre il prestigio di mafia, camorra e ’ndrangheta salirebbe alle stelle.
Questi scenari spiegano perché una vera lotta all’evasione fiscale non interessa nessuna delle forze che contano, non il governo, non i partiti, meno che mai le organizzazioni sindacali. I posti dove non si emette un solo scontrino, dove gli alloggi sono affittati in nero, dove gli immigrati lavorano 10 ore al giorno a 4 o 5 euro l’ora, sono perfettamente noti perché si vedono a occhio nudo. Non ci vuole alcuna ricerca, nessuno studio, nessuna inchiesta per scoprirli. Se nessuno interviene è perché i politici non vogliono perdere voti, e i sindacati trovano di gran lunga più gratificante difendere i già garantiti che occuparsi dei veri deboli.
E fanno bene, dal loro punto di vista: se prendessero sul serio gli slogan di cui si riempiono la bocca, e provassero davvero a cancellare l’evasione fiscale, perderebbero in un istante quei pochi consensi che sono loro rimasti. Meglio, molto meglio, fare i moralisti contro gli evasori, che perdere voti perché si passa dalle parole ai fatti.