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 2013  luglio 25 Giovedì calendario

ENERGIA, AEREI, BIRRA E AGRICOLTURA IL BRASILE SENZA MASCHERE E CALCIO


Il primo pontefice sudamericano che viene «dalla fine del mondo» ritorna in America latina, a Rio de Janeiro, in un Paese che non è più periferia globale. Papa Francesco si sposta dalla decadente Europa dei PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) ad uno degli emergenti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). La Giornata mondiale della Gioventù è solo uno dei tanti eventi che in questi anni metteranno il Brasile al centro del palcoscenico mondiale: dopo la Confederations Cup e la Gmg del 2013 ci saranno i Mondiali di calcio nel 2014, le Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016 e probabilmente l’Expo 2020 a San Paolo.
Gli italiani spesso si lamentano della stereotipizzazione che viene fatta all’estero in «pizza, mafia e mandolino», ma anche dalle nostre parti è più facile guardare al Brasile come al Paese del «calcio, favelas e carnevale» che non alla sesta potenza economica mondiale: il Pil brasiliano è quintuplicato in 10 anni, ha superato quello italiano nel 2010 e quello britannico nel 2011. Gli stereotipi sono duri a morire e Brasile senza maschere (Egea, 173 pp, 18 euro) di Diego Corrado è libro utilissimo per comprendere l’evoluzione economica, culturale e sociale brasiliana dagli occhi privilegiati di chi ha vissuto in prima persona una trasformazione epocale. Non sono tutte rose e fiori, il Brasile ha problemi enormi, dalla violenza e criminalità nelle megalopoli alla povertà diffusa, dalle difficoltà ad accedere a servizi essenziali come la sanità e l’istruzione alla corruzione politica e amministrativa. Problemi che hanno alimentato fortissime tensioni sociali, proteste e incidenti, che tutto il mondo ha visto durante la Confederations Cup e che non mancano in questi giorni di visita del pontefice, ma lo sviluppo degli ultimi anni è incredibile e per certi versi inaspettato.
Per decenni il Brasile ha pagato a caro prezzo l’esplosione del debito pubblico e l’inflazione, una delle patologie più gravi dell’America latina di cui ancora oggi soffrono Paesi enormemente ricchi di risorse naturali come l’Argentina e il Venezuela. Come spesso accade, l’inflazione ha portato ad un regime militare e la dittatura ad un’economia dirigista e all’aumento dell’inflazione, in una spirale di instabilità che ha risucchiato il Brasile per tutto il dopoguerra: nella seconda metà degli ’80 i prezzi raddoppiavano ogni mese, l’inflazione arrivava al 1782 per cento, nel 1987 il Paese dichiarò il default sul debito estero. Come racconta Corrado, il Paese era prigioniero di un’economia statalista e chiusa all’estero, con imprese pubbliche protette e cresciute a dismisura, proporzionalmente alla loro inefficienza. Il processo di riforme ha comportato un vero e proprio smantellamento del settore pubblico che aveva invaso ogni aspetto della vita economica: lotta all’inflazione, liberalizzazioni, privatizzazioni e apertura al mercato e alla competitività sono state portate avanti con una certa continuità da presidenze molto diverse tra di loro, a partire da Collor de Mello, ma soprattutto con Fernando Cardoso e Lula da Silva. In pochissimo tempo il Brasile ha avuto uno sviluppo incredibile, il libero mercato e la globalizzazione insieme ai programmi di assistenza hanno fatto uscire dalla povertà 40 milioni di persone in meno di 10 anni.
Il punto di forza del Paese sono le commodities, prodotti agricoli e risorse naturali. Oltre al campione nazionale dell’energia, la Petrobras, sono cresciuti altri colossi industriali come la Embraer che dopo Boeing e Airbus è il terzo attore globale nella produzione di aerei, la Vale che è il maggior produttore ed esportatore mondiale di ferro, il fondo 3G Capital che ha acquistato la catena di fast food Burger King o la belga-brasiliana InBev, il colosso mondiale della birra, proprietaria dei marchi Corona, Stella Artois, Beck’s e Budweiser.
La trasformazione economica ha portato anche ad una trasformazione sociale, con l’ascesa di una nuova classe media di circa 40 milioni di persone chiamate batalhadores (combattenti) che non hanno alcun privilegio di nascita, ma caratterizzate da uno straordinario spirito di sacrificio che unisce la fatica del lavoro alla frequenza di università serali e le lunghe ore di pendolarismo dal centro alle favelas. Lo sviluppo economico ha fatto diventare questa nuova classe sociale determinante sia in politica che in economia, suscitando l’attenzione sia dei partiti che della pubblicità ma anche della religione con la diffusione delle chiese protestanti e pentecostali molto vicine allo spirito dei batalhadores.
Sicuramente la rapidissima crescita del Paese è figlia delle enormi inefficienze accumulate per decenni, il Brasile ha ancora grossi problemi come la mancanza di infrastrutture, sistema politico corrotto, sistema tributario complesso, pressione fiscale alta, capitale umano non molto specializzato, povertà e criminalità. Ma ha due punti di forza: una popolazione giovanissima e con una forte fiducia nel futuro, ciò che manca alla vecchia e stanca Europa.