Mario Ajello, Il Messaggero 25/7/2013, 25 luglio 2013
SE MI CONDANNANO RESTO AL MIO POSTO. LA SFIDA DI BERLUSCONI
«Una cosa è sicura, venderò cara la pelle». E un’altra cosa è possibile, agli occhi di Silvio Berlusconi, a cinque giorni dal d-day in Cassazione, martedì prossimo: «La crisi di governo, nel caso la sentenza sia per me sfavorevole, la facciano quelli del Pd». Ecco, il Cavaliere non è ottimista sul verdetto del Palazzaccio ma vede il percorso successivo ancora aperto e lungo il quale può giocare qualche carta. Quanto dice «se mi condannano resto al mio posto», sta dicendo che il Senato dovrà poi votare sulla sua decadenza dai pubblici uffici, dai quali verrà interdetto in virtù della sentenza, ma a quel punto il problema sarà dello strano alleato chiamato Pd: «Se ce la fanno, dovranno farmi fuori loro». E lo fanno fuori dal Parlamento mettendo a rischio il governo? E saranno tutti d’accordo su questa scelta pericolosa per la stabilità e che trascinerebbe l’Italia nel caos dell’ingovernabilità con buona pace dei mercati e del Colle che ha costruito la pacificazione?
LA STRATEGIA
I primi margini di resistenza l’ex premier li vede nerlla Giunta per le immunità a cui arriverà la pratica direttamente dalla Cassazione. Poi la questione viene rimessa all’aula di Palazzo Madama dove si svolgerà - ma quando? Subito? Il più tardi possibile? - un voto. Il precedente di Cesare Previti, tra Arcore e Palazzo Grazioli viene citato spesso in queste ore. Impiegò nove mesi l’ex ministro berlusconiano per rassegnare le dimissioni dopo la sentenza di condanna della Cassazione. Alla vigilia del voto in aula, Previti gettò la spugna. Ma i tempi erano stati lunghi. Ci vollero 14 mesi prima che si votasse. Quanti ce ne vorranno ora? Quella volta c’era il centrodestra al governo, stavolta ci sono le larghe intese. E fungono, agli occhi di Berlusconi, come una garanzia se non di intoccabilità almeno di complicazione del quadro.
LO SCONTRO
I falchi azzurri sentono ragionare così il Cavaliere - che evita dichiarazioni incendiarie secondo la strategia consigliata dall’avvocato Coppi e dice che non sarà lui a far saltare il governo - ma sanno che può accadere di tutto dalla prossima settimana. Osserva Daniela Santanchè: «Se Berlusconi sarà condannato, non resteremo calmi. I nostri elettori non staranno a pettinare le bambole. Perchè la questione non sarà più il governo ma l’agibilità democratica in questo Paese». Anche gli attacchi dei berluscones hard ieri a Piero Grasso, presidente del Senato, mirano ad accendere gli animi in vista del d-day. Da Santanchè a Bondi: «Ma dove vive Grasso? Non vede che c’è accanimento giudiziario contro Berlusconi?». Sono indispettiti del fatto che Grasso ha parlato di «vicende giudiziarie del singolo», ossia Silvio, dando l’impressione di minimizzarle rispetto al grande tema della giustizia da riformare. Quanto a Forza Italia, il progetto va avanti spedito. E nel caso il Pd o la forza delle cose si precipitasse la situazione verso le (improbabili) elezioni anticipate, gli azzurri si sentono già pronti per una campagna già in parte pianificata nelle linee generali. Nuovo partito. Temi forti da sfruttare in campagna elettorale: il martirio di Berlusconi, la rimessa in discussione dell’euro, polemiche anti-tedesche, detassazione, rilancio dei consumi. «Che cosa può opporre a tutto questo il Pd: i dispettucci e gli sgambetti tra Bersani e Renzi?». Così si ragiona adesso alla corte del Cavaliere. Ma adesso non è martedì.