G. Legato e P. Sapegno, La Stampa 25/7/2013, 25 luglio 2013
Il signor Giovanni era un morto che lavorava, guadagnava, abitava una bella casa e guidava pure l’auto
Il signor Giovanni era un morto che lavorava, guadagnava, abitava una bella casa e guidava pure l’auto. Solo le tasse non pagava, come ogni buon defunto. A volte è difficile credere a certe storie. Eppure il signor Giovanni c’era riuscito: aveva dichiarato la sua morte alla Agenzia delle Entrate, e poi aveva continuato la sua bella vita, con l’amante, le sue due panetterie, i suoi amici, le sue vacanze, tutto come prima. Senza più versare un euro al fisco. Solo da noi può succedere che una persona possa morire così, per quattro lunghissimi anni, fino a quando per un banale incidente contro un palo sulla Ford Galaxy dell’amica, la sua vita da felice defunto non ha sbattuto contro la realtà dei dati incrociati, per una stupida distrazione: prima di scappare aveva dimenticato il suo numero della partita Iva e il vigile era andato in Comune con quel biglietto, «guardate un po’ chi è questo signore qui, per favore». Strano: dalla partita Iva sono risaliti al codice fiscale, che aveva intestate delle attività, e poi al suo nome e cognome. E’ un tipo che forse è morto. O forse no. Lì per lì, negli uffici del Municipio di Nichelino non ci avevano capito niente. Questo signore risultava vivo all’anagrafe, ma morto all’agenzia delle entrate. E la partita Iva rimandava a due panetterie di Beinasco. Allora, hanno segnalato il caso all’assessore al bilancio Claudio Benedetto, che da neanche un anno ha tirato su un ufficio con una gentile signora laureata in Giurisprudenza che sta mettendo su una banca dati per cercare gli evasori: in dieci mesi ha aperto la bellezza di quattrocento fascicoli. Una mattina, la signora se n’è andata a comprare il pane a Beinasco, e appena entrata nel negozio ha trovato il morto con le sue dipendenti. Vivo e vegeto. Come sempre capita nei gialli, quando si arriva alla fine si capisce l’inizio. Il signor Giovanni negli ultimi mesi del 2009 aveva avuto la sua bella pensata: aveva mandato suo nipote all’agenzia delle entrate per consegnare la sua dichiarazione dei redditi e segnalare il suo avvenuto decesso. La cosa incredibile, è che in questo strano Paese dove di burocrazia si può anche morire e per davvero, «basta una dichiarazione in qualità di erede, per essere cancellato dal fisco», come spiega l’assessore Benedetto. Non c’è bisogno di un certificato medico e di nessun documento dell’anagrafe. E poi tutto funziona a scompartimenti stagni, e un Comune, che pure deve riscuotere le sue tasse, non sa quello che fa il fisco. Non è che la sua vita sia rimasta tutta uguale. Il signor Giovanni ha lasciato la moglie e i due figli ed è andato a vivere con l’amante, una moldava di 29 anni. Quando è scaduta la patente, ha pensato bene di non rinnovarla. Solo che ha continuato a guidare l’auto, come prima. Alla fine, è proprio quella che l’ha bruciato. Dopo l’incidente, Giovanni lì per lì ha un’altra bella pensata e lascia un biglietto sul t e r g i c r i s t a l l o scrivendoci sopra un breve m e s s a g g i o : «Contattatemi a questo numero di telefono...». Il numero è quello della sua amica moldava. Solo che per vergare quelle poche parole l’unico pezzo di carta che trova è quello dov’è segnata la sua partita Iva. E’ convinto anche stavolta di averla fatta franca. Solo che quando arrivano, non trovando nessuno in auto, i vigili cominciano a cercare in giro dei testimoni. Qualcuno dice che alla guida c’era un uomo. La macchina invece è intestata a una donna, e anche il numero di telefono rimanda alla stessa donna. C’è solo quella partita Iva: «Vediamo a chi porta», pensano i vigili, «magari a quello che guidava». Così trovano il signor Giovanni, il morto che sta benissimo. E guarda com’è strana la vita in questo nostro strano Paese: quando vanno a casa sua, trovano che pure il suo vicino non è tutto in regola col fisco. E’ reddito zero da una vita. Ma ha messo da parte 20 immobili. Non si finisce mai di scoprire qualcosa.