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 2013  luglio 25 Giovedì calendario

QUEL TRONO REPUBBLICANO

«E adesso tocca di nuovo agli uomini», afferma Clarissa Campbell Orr, storica della monarchia britannica, autrice di numerosi libri sulla casa reale, docente alla Anglia Ruskin University e presidente della Society for the Court Studies. «Dopo due secoli di femmine, avremo un secolo di maschi sul trono », dice, scommettendo che la presenza di un nuovo “piccolo principe” non costringerà Carlo a rinunciare al trono a favore di William.
Tutti aspettavano una femmina, per vedere applicata la nuova legge che non dà più la priorità ai figli maschi nella successione al trono. L’arrivo di un altro maschio rimanda la riforma?
«No, la nuova legge è già in via di approvazione e rappresenta comunque un progresso. Ma non sarà applicata per molto tempo. Le donne, tuttavia, hanno avuto un ruolo preponderante nella nostra monarchia per quasi due secoli. Per quasi sessant’anni del diciannovesimo secolo, e per altri sessantun anni dal 1952 ad oggi, il trono è stato occupato da una donna: prima la regina Vittoria e poi la regina Elisabetta II. Perciò la prospettiva che tre uomini di fila, Carlo, William e ora il figlio di William, salgano al trono, è piuttosto insolita».
Carlo avrà presto 65 anni e potrebbe averne 75 o più quando verrà il suo turno di salire al trono, tenuto conto che la regina, oggi 87enne, è in ottima salute e che sua madre ha vissuto fino a 102 anni. Si può ipotizzare che a quel punto Carlo abdicherà a favore di William, più amato e popolare in quanto associato con Diana, con Kate e ora con un bebè, pannolini, carrozzine?
«Non penso che succederà. Diversamente da paesi come Danimarca e Belgio, abdicare non fa parte delle nostre tradizioni. Ci sembrerebbe di rinunciare a una legge dell’imparzialità, in base alla quale si abdica o meno a seconda delle esigenze o dell’età o delle caratteristiche del sovrano. Insomma non sarebbe più una vera monarchia. E inoltre Carlo, facendo il nonno, potrebbe a sua volta guadagnare consensi tra la gente, diventare più popolare».
Agli occhi di molti, fuori dal Regno Unito, la monarchia appare obsoleta, un po’ ridicola e poco democratica. Come mai invece gli inglesi continuano a preferirla?
«Perché non è poi una cattiva idea avere un capo dello stato al di sopra delle parti, un simbolo di unità nazionale apartitico e apolitico. Inoltre perché noi siamo in realtà una monarchia repubblicana, con nessun potere reale al sovrano e più libertà civili di molte altre nazioni. Infine perché la monarchia costa poco, meno di una sterlina all’anno per ogni contribuente, e rende molto: si calcola che soltanto l’indotto creato dal nuovo royal baby porterà 250 milioni di sterline all’economia nazionale fra souvenir, turismo e festeggiamenti».
Ma crede davvero che fra 50 anni un re britannico, il piccolo principe appena nato, sarà il capo di stato anche di paesi come Australia e Canada?
«Credo di sì, e anche di altri 13 paesi del Commonwealth britannico. L’associazione che riunisce le ex-colonie dell’Impero britannico è importante dal punto di vista economico, commerciale, politico e sociale, e lo diventerà ancora di più in un mondo sempre più globalizzato. Perché, a differenza di altre associazioni fra stati, non è né asiatica né occidentale, né settentrionale né meridionale, contiene paesi di ogni parte della terra, culture diverse. Un re britannico può fare comodo ancora per molto tempo anche a Sidney e a Ottawa».