Pier Damiani, Mondo Nuovo n. 4 8/2013, 24 luglio 2013
LA PRIMA PARTITA DI CALCIO
Erano 13 contro 14. A distinguere una squadra dall’altra non era il colore delle maglie ma quello dei cappelli, di flanella rossa o blu scuro. La palla era una vescica di maiale gonfiata, ricoperta di tagli di pelle cuciti insieme, della forma di un uovo, e pesava all’incirca 400 grammi (un po’ meno di quella attuale). Le porte erano due pali conficcati per terra e il terreno di gioco, per il quale non erano ancora state fissate misure regolamentari, era delimitato da bandierine, non da strisce di gesso. Le mani potevano essere usate per spintonare gli avversari e anche colpire o spingere il pallone, ma non trattenerlo, con una sola eccezione: sul rinvio degli avversari, ciò che dava diritto a un calcio libero (come succede nel football australiano), ma non a tirare in porta. Quella era anche l’unica occasione in cui la palla poteva volare per aria: tutti i passaggi dovevano avvenire rasoterra.
Forse non esattamente come quelle di oggi, ma era una partita di calcio. Di più: secondo la storia ufficiale del più popolare gioco del mondo, la prima partita di calcio. Addirittura un derby. Lo hanno giocato, il 26 dicembre 1860, un mercoledì, lo Sheffield Football Club e l’Hallam Football Club nello stadio di Sandygate Road, a Crosspool, un sobborgo di Sheffield, la più grande città dello Yorkshire, nel nord-est dell’Inghilterra. Nessun giornale ne ha riportato la cronaca (era presente un giornalista dello Sheffield Daily Telegraph, che tuttavia preferì non scrivere “perché sarebbe stato sgradevole sottolineare la prestazione di un particolare gentiluomo quando tutti hanno fatto bene”), ma si sa che il campo era coperto di neve, che il risultato finale è stato 2-0 per lo Sheffield e che un gol lo ha segnato Nathaniel Creswick (sul secondo non ci sono notizie).
All’epoca, Creswick aveva 29 anni, faceva l’avvocato ed era Maggiore nel corpo volontario dei fucilieri dell’Hallamshire, che aveva contribuito a formare (si sarebbe congedato nel 1897 con il grado di Colonnello). Come ogni buon figlio della borghesia, la famiglia aveva un’azienda per la placcatura in argento dei metalli, tirava di scherma e giocava a cricket, uno sport estivo. D’inverno, lui e altri membri dello Sheffield Cricket Club, in cui era entrato nel 1855, giocavano informali partite di football.
Il gioco si era evoluto dai tempi in cui veniva giocato fra gli abitanti di un villaggio (vinceva chi riusciva a portare la palla all’estremità opposta della strada principale) o fra due villaggi vicini (vinceva chi “conquistava” la piazza centrale degli avversari). Veniva chiamato, allora “mob football” e accompagnava i giorni di festa, in particolare il Martedì Grasso. Non c’erano regole, il numero dei giocatori era illimitato e la pratica violenta, al punto che tutto era concesso salvo – secondo un’antica cronaca di Workington, nella contea nord-occidentale della Cumbria – “l’omicidio volontario e quello colposo” ed era normale registrare fratture a braccia e gambe, colli e schiene. Fra Cinque e Seicento, la regina Elisabetta I aveva disposto che chi fosse trovato a giocare a football venisse incarcerato per una settimana e dovesse passare la successiva a pentirsi pregando in chiesa.
Ma gli anatemi reali (“uno sport inutile e ozioso”, “un passatempo demoniaco e sanguinario”) non erano riusciti a diminuirne la popolarità. Con la prima rivoluzione industriale, molti dei suoi appassionati si sono trasferiti dalla campagna alle città, adattando il gioco a spazi più ristretti, come i parchi, rispetto ai campi aperti. Donald Walker scrive nel 1837 un manuale sportivo in cui descrive i campi di calcio come delimitati da “porte piazzate a una distanza di 80 o 100 yard, formate da due bastoni conficcati a terra e distanti fra loro due o tre piedi (60-90 cm)”. Le partite si disputano negli stessi posti in cui si gioca a cricket e a volte perfino negli stadi di cricket, come annuncia una nota su un giornale di Leicester per il Venerdì Santo del 1838 fra “undici (in maggioranza tipografi) di Derby e altrettanti della nostra città. I vincitori sfideranno una qualsiasi squadra inglese per una borsa non superiore alle 25 sterline”. Le partite erano spesso organizzate dai pub: nella zona di Holmfirth, Yorkshire, il signor Charles Whitehead, proprietario del Blue Cup Inn, raccoglie nel 1843 cinque sterline da sei giocatori del villaggio di Totties che sfidano quelli di Thurstone il giorno di Martedì Grasso al meglio di tre gol (e i signori di Thurstone sono pregati di depositare il denaro). Il numero dei giocatori varia, da un minimo di 3 a 6, 8, 12, 15, 20 o perfino 30. Si gioca per la borsa, ma anche per premi in natura: una “sostanziosa” cena, mezzo barile di gin Old Tom, 40 libbre (una ventina di chili) di formaggio; un “bel maiale”; o una cena e una bottiglia di vino a testa. Al di là di formule diverse (come quella usata dalle parrocchie di Enderby e Whetstone, Leicestershire, che nel 1852 si sfidano su due partite ed eventuale bella, ogni partita finisce appena un gol viene segnato), le partite durano in genere un’ora. Ma vicino a Ashtonunder-Lyne, Lancashire, il giorno di Natale del 1846, otto di Charlestown e otto di Boston giocano dalle 11 alle 15: vince “chi segna più” e chi perde paga il conto del pranzo all’Old Ship pub.
Nel frattempo, i gestori accettano scommesse. Nel 1843 si sfidano due villaggi dalle parti di Rugby, 12 contro 12. Al mattino Grandborough è dato 100 a 1 contro Flecknoe, ma poco prima dell’inizio della partita la quota è scesa a 12. La gente accorre e per salutare i vincitori “i cappelli vengono lanciati in aria, sventolano i fazzoletti e alte sono le urla”. Si fanno buoni affari, tanto che alcuni pub decidono di mettere in piedi le loro squadre di football: a Rochdale, che adesso è un sobborgo di Manchester, nel 1839 per una borsa di 20 sterline si affrontano il White Lion Inn e il Barley Mow, questa volta al meglio delle 11 partite, sempre con il criterio che una finisce appena si segna un gol.
Intanto, le public schools (i collegi privati in cui si è formata la classe dirigente dell’epoca vittoriana) hanno adottato e codificato variazioni sul tema. Secondo la tradizione, il 1823 è l’anno in cui William Webb Ellis, durante una partita alla scuola di Rubgy, “con sublime disprezzo per le regole del football, prese la palla in mano e cominciò a correre”.
È LÌ CHE, PER LA PRIMA VOLTA, Comincia a delinearsi quello che diventerà il rugby, differenziandosi da quello che sarà il calcio, “un gioco di dribbling” secondo il regolamento della scuola di Rugby del 1845, “in cui si corre con la palla fra i piedi”. Nello stesso anno, al college di Eton, si gioca per la prima volta 11 contro 11, quasi certamente perché da quel numero di giocatori è composta una squadra di cricket. Quelli di Eton stabiliscono che si può toccare la palla con le mani, ma non la si può passare o correre con essa. Due anni dopo introducono l’arbitro e i guardalinee (definiti umpires, altro riferimento al cricket). Le regole tuttavia valgono solo dentro le mura di una scuola, e ognuna ha le proprie. A Winchester il campo era stretto e non c’erano le porte, ma solo una linea; a Westminster e a Charterhouse si giocava solo sotto i chiostri; a Harrow veniva incoraggiato il gioco di dribbling.
Il primo tentativo di standardizzarle avviene a Cambridge, nel 1848, in un salone del Trinity College. Alla riunione partecipano anche rappresentanti di Eton, Harrow, Rugby, Winchester e Shrewsbury. Non è rimasta nessuna copia scritta del regolamento stilato in quell’occasione (esistono una versione del 1856 e una revisione del 1863), ma di sicuro si sa che non c’è stata unanimità. Sopratutto tre punti sono controversi: se si possa toccare il pallone con le mani e in quali circostanze, se sia possibile dare calci negli stinchi (a Eton e a Shrewsbury era stato proibito nel 1846) e sia lecito sgambettare gli avversari.
Non è vero, come generalmente si racconta, che le public schools abbiano “inventato” il calcio. Come s’è visto, l’anedottica sulle radici operaie del football moderno è abbondante. Ma è indubbio che gli old boys, gli ex alunni, siano stati i protagonisti della spinta fondamentale verso un corpo di regole accettate per continuare a praticare gli sport dei giorni dell’università. Creswick aveva frequentato la Collegiate School di Sheffield, dove aveva preso la laurea in legge. Adesso si era iscritto al Cricket Club e giocava partite di football in cui, come avrebbe raccontato più tardi un altro socio, William Chesterman, “lo scopo principale era dimostrare ‘la forza del toro’: la palla se ne stava tranquilla in mezzo al campo e qualche metro più in là una mezza dozzina di gentiluomini caricavano a testa bassa un’altra mezza dozzina di gentiluomini, come degli arieti. L’idea era colpire l’avversario, andargli addosso sia che avesse la palla sia che non l’avesse. Non c’erano regole precise, ma siccome la grande maggioranza veniva dalle public schools, ognuno portava un pezzettino della sua esperienza: una regola che non durò molto fu quella per cui ogni giocatore doveva tenere nelle mani una moneta da mezza corona, così da non poter spingere con il palmo l’avversario”.
A maggio 1857, Creswick comincia a discutere con William Prest, un altro socio e suo buon amico, della necessità di regolamentare in qualche modo il gioco. Scrivono alle principali public schools e alle università per sapere che cosa avessero fatto. “Ricordo una regola, credo venisse da Winchester”, avrebbe detto in un discorso molti anni dopo. “Diceva che non si poteva trattenere un avversario e prenderlo ad accettate sulla schiena nello stesso momento [risa dalla platea]. Le partite duravano in genere finché c’era luce. Una volta, contro Norton, giocammo quattro contro sei per tre ore: alla fine diventò una lotta per la sopravvivenza [altre risa].” Finalmente, il 24 ottobre 1857, Creswick e Prest si riuniscono alla Parkfield House, una casetta al 118 di Alberson Road, appena girato l’angolo alla fine di Bramall Lane, dove c’è lo stadio del Cricket Club. E fondano lo Sheffield Football Club, la prima società calcistica del mondo.
Si mettono subito a lavorare sulle regole. La prima stesura, completata nella primavera del 1858, non prevede la possibilità di toccare la palla con le mani (a parte il rinvio degli avversari). Ma la versione definitiva, che viene data alle stampe, è meno restrittiva e consente di usarle per colpirla o spingerla. In tutto sono 11 disposizioni, nelle quali non c’è traccia delle dimensioni del terreno di gioco o della distanza fra i pali: in quest’ultimo caso si fanno decidere di comune accordo le squadre avversarie e la consuetudine sarà di piantarli nel terreno fra un minimo di 12 piedi (3,65 metri) e un massimo di 18 (5,48 m), mentre oggi si gioca con porte larghe 8yard (7,32m).
Siccome lo Sheffield FC era l’unica società in circolazione, non si potevano organizzare incontri. Così i soci giocavano fra loro, dividendosi fra la prima parte dell’alfabeto (A-M) contro la seconda, professioni liberali contro manfatturieri e, naturalmente, scapoli-ammogliati. Le sfide erano in genere equilibrate, salvo che nel primo caso: per qualche ragione, i giocatori migliori erano tutti fra le lettere iniziali (con l’eccezione di Prest). Ma poi, nel 1860, è arrivato l’Hallam, dal desiderio di mettere in piedi una società meno esclusiva di quella degli old boys.
A Sandygate Road, nella parte occidentale della città, c’era da inizio secolo un club di cricket, ospitato in una struttura costruita sui terreni del proprietario di un pub che affacciava sulla strada, il Plough Inn. Aveva avuto un certo successo (i soci erano 300) e la rivalità con “quelli del centro” era alta. È stato John Charles Shaw, che giocava anche a cricket, a mettere in piedi il football club, il 4 settembre 1860. Nasce così la sfida con Creswick. Shaw accetta quelle che sono passate alla storia del calcio come Sheffield Rules e viene fissato l’incontro per il giorno di San Silvestro.
Lo Sheffield FC concede la rivincita due anni dopo, il 29 dicembre 1862. Nel frattempo, qualche mese prima, Creswick e Prest hanno cambiato alcune regole. In particolare, non si può più spingere o colpire con la mano o il braccio la palla (sempre salva l’eccezione del calcio libero sul rinvio dell’avversario) e sono definite le dimensioni delle porte: non solo i pali sono fissati a una distanza di 12 piedi, ma sono tenuti insieme da una barra trasversale posta a 9 piedi da terra (2,74 m; adesso la traversa è a 2,44). Di più è stata introdotta una novità che il football australiano ha mantenuto: due bandiere laterali rispetto ai pali, a una distanza di 12 piedi; la squadra che fa attraversare alla palla quello spazio ottiene un rouge; i rouge vengono contati solo se nessuno segna un gol e, in questo caso, determinano il vincitore dell’incontro.
I proprietari dell’impianto di Bramali Lane cercano di cavalcare la crescente popolarità del calcio, soprattutto in una stagione impraticabile per il cricket, e decidono di organizzare un incontro il cui incasso verrà devoluto in beneficienza ai soldati che hanno combattuto la Guerra civile americana. Questa volta c’è un giornalista (dello Sheffield Independent) che decide di scrivere e sappiamo come è andata. Dopo l’intervallo a metà delle tre ore di gioco previste, Creswick vince un tackle con un giocatore dell’Hallam, William Waterfall, e nel farlo lo colpisce a una gamba. Secondo la cronaca, “tutti sono concordi nel ritenere il colpo involontario. Ma Waterfall corre verso il Maggiore con espressione furibonda e lo colpisce diverse volte. Si toglie la maglia e si mette in posa da pugile”. Però Creswick “conserva il suo sangue freddo in modo ammirevole” e “non restituisce un singolo colpo”. A quel punto i due sono circondati da tutti i giocatori in campo e sembra che stia per iniziare una rissa anche sugli spalti, fra le opposte tifoserie, mentre alcuni scalmanati erano già entrati in campo. Alla fine però, “la saggezza ha prevalso, il gioco è ripreso e si è conclusa alle 3 con un pareggio, non essendoci stato né un gol, né un rouge”.
Lo Sheffield Independent scrive che “la condotta di Waterfall è stata deplorata” e che diversi giocatori dell’Hallam “si sono dichiarati dispiaciuti”. L’opinione generale era che “Waterfall dovesse essere espulso”, ma non essendo stata presa questa “decisione estrema” è stato “messo in porta” per il resto dell’incontro. Il giorno dopo quelli dell’Hallam non l’hanno presa bene. In un’indignata lettera al giornale, scrivono che “nella prima parte della partita, dopo uno spintone di Waterfall, Creswick gli aveva detto che lo avrebbe colpito se fosse successo di nuovo. Prima dell’incidente, mentre si aspettava una decisione degli arbitri, Creswick, molto poco sportivamente, ha preso la palla dalle mani di un nostro giocatore e ha cominciato a calciarla verso la porta, Waterfall lo ha spinto, Creswick gli ha tirato un pugno in faccia e Waterfall ha reagito”.
Per il calcio, la notizia più importante dei 1862 è l’applicazione ai palloni dell’India-rubber, che sostituì le vesciche di maiale e permise di avere una forma sferica, con l’esterno in cuoio cucito industrialmente. Ma è nondimeno curioso che la prima cronaca di una partita mai apparsa su un giornale sia il resoconto di una rissa con seguito di accuse incrociate, secondo un copione che nell’ultimo secolo e mezzo ha avuto grande successo ed è stato replicato un numero infinito di volte.
Lo spiacevole incidente di Bramall Lane ha forse avuto un peso sull’organizzazione successiva del “gioco di dribbling”. Il 26 ottobre 1863 si riuniscono alla Freemasons’ Tavern di Great Queen Street, Londra, 11 rappresentanti di squadre londinesi e di diverse parti dell’Inghilterra. Rispondono all’appello lanciato sul giornale Bell’s Life, l’anno precedente, da Ebenezer Cobb Morley, che aveva appena fondato il Barnes (un sobborgo della capitale) FC. C’è anche Shaw, il fondatore e capitano dell’Hallam, ma non Creswick. Gli incontri vanno avanti per due mesi. Finalmente, l’8 dicembre, viene fondata la Football Association e ci si mette d’accordo su quelle che dovranno essere le “regole del gioco”. Ma all’ultimo momento Francis Maule Campbell, un socio del Blackheath (altro sobborgo londinese) FC, prende cappello e se ne va. Non condivide che vengano abolite due regole sulle quali invece fino alla penultima riunione (la quinta) c’era stata l’unanimità: la prima, che si possa correre con la palla in mano; la seconda, che sia lecito fermare l’avversario con un calcio negli stinchi, uno sgambetto o la trattenuta per la maglia.
LA SEPARAZIONE FRA CALCIO e rugby è ormai sancita, anche se passeranno otto anni prima che “quelli che giocano con le mani” fondino una loro associazione. Tuttavia, le regole stabilite alla Freemasons’ Tavern non sono applicate in giro per l’Inghilterra. Creswick fonda una associazione regionale basata sulle sue regole, riprese in buona parte del Paese, anche se ognuno lo fa in maniera indipendente. Nel 1866 propone una sfida fra lo Sheffield FC e una selezione della FA (che continua ad avere dieci iscritti). Accetta di giocarla con le regole dei “londinesi” che non hanno mai considerato i rouge e nel frattempo hanno eliminato il calcio libero e qualsiasi uso delle mani. Si mettono d’accordo per una novità: per la prima volta, il 31 marzo 1866, una partita dura 90 minuti, in due tempi di 45. È uno standard che Creswick adotta immediatamente, mentre la FA lo farà solo nel 1877.
Da quel punto in poi, il calcio dilaga, inarrestabile come una valanga. Nel 1867 viene giocato il primo torneo del mondo, la Youdan Cup, a Sheffield e con le regole di Sheffield. La sponsorizza il proprietario di un teatro locale che porta quel nome. Vince l’Hallam FC, davanti al Norfolk e al Mackenzie. All’ultima partita assistono tre mila spettatori, record assoluto, che pagano tre pence per il biglietto d’ingresso. L’anno dopo viene organizzata la Cromwell Cup, aperta alle società che non sono state fondate da più di due anni. Vince lo Sheffield Wednesday, in una finale che per la prima volta vede l’introduzione dei tempi supplementari: quelli regolamentari erano finiti senza reti e si è andati avanti a giocare fino a quando qualcuno ha segnato.
Poi nel 1871, pochi mesi prima di aderire alla FA, Creswick emenda ancora una volta le regole originali, adeguandosi. Dà, come misure massime del campo, una lunghezza di 200 yard e una larghezza di 100. Elimina i rouge (anche se da ormai tre anni ci si giocava solo se una delle due squadre non eccepiva) e la possibilità di prendere con le mani il rinvio degli avversari per il calcio libero, stabilendo che toccare la palla con la mano o il braccio allontanati dal corpo è fallo. Punisce anche la spinta con le mani. Definisce in fuori gioco chiunque della squadra avversaria si posizioni fra il portiere e la porta (una delle differenze in qualche modo significative: la FA considera in fuorigioco chiunque non stia dietro alla linea della palla). Dà la possibilità alle squadre di nominare ognuna un arbitro che vigilerà sull’applicazione delle regole nella metà campo di chi lo ha scelto.
Adesso, ormai, il calcio assomiglia molto di più a quello di oggi. Manca solo l’ultimo tocco, la prima partita internazionale. La giocano Scozia e Inghilterra il 30 novembre 1872, giorno di Sant’Andrea, sul campo di cricket di Hamilton Gardens, a Glasgow. Nessuno dei due Paesi ha ancora un campionato (e, se è per questo, gli Scozzesi neppure una federazione: sarà fondata tre mesi e mezzo dopo), la FA ha però appena concluso il torneo della sua prima coppa (vinta dai Wanderers). Già quattro incontri sono stati disputati nella capitale inglese, ma non vengono riconosciuti: la “Scozia” era una squadra organizzata dagli Inglesi, i quali sceglievano giocatori con più o meno lasche origini scozzesi, residenti a Londra.
Quel 30 novembre in campo ci sono veri Scozzesi, presi in blocco dal Queen’s Park, la più forte squadra dell’epoca sopra il vallo di Adriano. Charles Alcock, il segretario della FA e capitano dei Wanderers, ha invece selezionato la sua formazione scegliendo da nove squadre diverse. Il terreno è pesantissimo, a Glasgow è piovuto per tre giorni di fila. Finisce 0-0, anche se a pochi minuti dalla fine un tiro dello scozzese Robert Leckie colpisce il nastro tirato fra i due pali al posto della traversa. Fino al 1970, fra Scozia (che nell’occasione gioca con la maglia blu dei Queen’s Park, alla quale è stato aggiunto sul petto lo stemma di un leone crestato) e Inghilterra (in bianco con lo scudetto dei tre leoni) non ci sarà più un pareggio senza reti.