Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 24/07/2013, 24 luglio 2013
SE L’ARCHEOLOGO VALE SETTE EURO L’ORA
Cos’hanno in comune la carta igienica e l’Italgas? Segnalano insieme una emergenza. Quella del rispetto per la cultura. Racconta Accursio Sabella sul quotidiano online livesicilia.it che «i siti culturali siciliani, le aree archeologiche, le sale espositive delle gallerie e delle biblioteche regionali, ma anche gli stessi uffici delle soprintendenze ai Beni culturali versano oggi in condizioni di gravi carenze igienico-sanitarie».
«Praticamente in tutti gli uffici e in tutti i siti», accusano i segretari regionali del Cobas/Codir e del Sadirs, Michele D’Amico e Giuseppe Salerno, «il personale ha sostenuto con propri fondi le spese ordinarie per l’acquisto di materiale igienico e per l’igienizzazione dei locali (carta igienica, prodotti per pulizia, disinfettanti etc.), oltre che a effettuare, in taluni casi, anche le pulizie dei luoghi deputati alla fruizione e alla tutela dei beni culturali anche per evitare un gravissimo danno all’immagine della Regione Siciliana e nell’attesa che venissero assegnate le sufficienti risorse finanziarie per l’ordinario funzionamento degli uffici e dei siti».
Nessuna meraviglia. Per decenni i tesori d’arte siciliani sono stati visti non come una ricchezza da tutelare e una straordinaria opportunità turistica ma come uno «stipendificio» dove piazzare più amici possibili. Dando la precedenza troppo spesso alla bassa manovalanza elettoralmente fedele piuttosto che agli archeologi, agli architetti, agli specialisti della civiltà fenicia o greca.
Negli stessi giorni, a Roma, il presidente dell’Associazione nazionale archeologi, Salvo Barrano, lanciava un’altra accusa. Stavolta contro l’Italgas, cui il Comune di Roma ha affidato la rete per la fornitura di metano. Una commessa per la quale la società ha bisogno della collaborazione di tecnici esperti che seguano gli scavi e segnalino l’eventuale presenza di resti archeologici per evitare grane successive.
Bene, secondo Barrano «il nuovo contratto di fornitura prevede importi a base d’asta scandalosi, lesivi della dignità umana, prima che professionale, degli archeologi. Il distributore chiede infatti alle imprese archeologiche il massimo ribasso rispetto a cifre già di per sé ridicole: sette euro e mezzo lordi all’ora, comprensivi perfino degli oneri per la sicurezza, per sei ore di lavoro al giorno. Con il risultato che gli archeologi attualmente incaricati nel contratto di fornitura in corso percepiscono cifre comprese tra cinque e sette euro lordi all’ora. Basta il confronto con il costo orario reale di un operaio comune, 23,03 euro, per comprendere il vergognoso trattamento che viene fatto su professionisti di alta specializzazione, qualcuno con due lauree». Una vergogna. Tale da spingere gli archeologi a chiedere al Comune di sospendere il contratto. C’è un limite anche allo sfruttamento.
Colpisce, cercando cocciutamente online senza alcun risultato, l’assenza di qualche presa di posizione dei sindacati. Toc toc: c’è qualcuno che non si occupi solo, per quanto importanti siano, dei pensionati iscritti, dei bidelli e dei metalmeccanici?
Gian Antonio Stella