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 2013  luglio 24 Mercoledì calendario

ARBASINO: «MA ORA CI SERVONO NUOVI COMPOSITORI»

Alberto Arbasino ha già prenotato Salisburgo, per Don Carlo eI maestri cantori , mentre aspetta Venezia dove a settembre riceverà il Campiello alla carriera e Torino, per il Bottari-Lattes, a ottobre. Un’estate tra musica e letteratura, per lo scrittore che forse più di ogni altri ha frequentato i teatri d’opera e le sale da concerto. Sul trionfo dei giovani esecutori, anche lui non ha dubbi.
Detto questo, Maestro, ci sembra che le rimanga qualche perplessità?
«Ci sto pensando. È vero, trionfano i giovani esecutori, che eseguono benissimo i classici, e lo fanno anche meglio di una volta, delle generazioni precedenti. La perplessità riguarda la musica contemporanea, quella che si scrive oggi».
Non le piace?
«No, non equivochiamo. È che non la conosco. Anche perché questi bravissimi esecutori non lanciano talenti contemporanei, magari loro coetanei. Si limitano appunto a eseguire i grandi del passato. E se si limitano, è indubbiamente un limite. Che fa passare in secondo piano il fatto generazionale».
Che finisce per essere secondario, ininfluente?
«Diciamo che probabilmente sono anche più perfetti di quanto siano mai stati i loro predecessori, perché li hanno ascoltati tutti, dal vivo e dalle registrazioni. Ma proprio questa perfezione mi piacerebbe venisse usata per lanciare dei contemporanei. Se guardiano indietro, molto indietro, all’Ottocento, vediamo che i compositori erano già famosi a poco più di vent’anni. Vero, la vita era più breve, morivano prima, in un certo senso dovevano fare in fretta. Ma oggi io non so quali siano poniamo i cinquantenni interessanti. E sarebbe bello che qualcuno me lo dicesse».
O meglio che glielo facesse sentire.
«Sì. Io sono stato con i miei, di contemporanei, per esempio Luciano Berio. Ascoltavo la loro musica, se ne parlava, discutevo con loro. Mi manca la nuova generazione».
Si consolerà a Salisburgo?
«Oh, vado anche a rinfrescarela memoria. Mancavo da tanto. Ricordo però cinquant’anni fa, quando si arrivava con la macchina, si parcheggiava davanti all’albergo e si chiedeva una camera. Poi ai teatri, a prendere il biglietto. Adesso è tutto parecchio più complicato». E non solo per i giovani esecutori.