Vittorio Sabadin, La Stampa 24/7/2013, 24 luglio 2013
SCUOLE PUBBLICHE E UNA TATA PER STARE AL PASSO COI TEMPI
Uno degli aspetti peggiori dell’essere un re, o anche solo un erede al trono, è che è già stato deciso quello che farai in ogni giorno della tua vita. Il Royal Baby è appena nato, ma sicuramente qualcuno è all’opera da mesi per decidere il suo destino.
È stato così per tutti gli eredi al trono, che solo raramente hanno potuto protestare. Le donne, nella famiglia reale come nelle famiglie normali, hanno avuto qualche possibilità in più di fare prevalere il loro punto di vista, ma per i maschi il percorso è segnato: asilo, scuola «preparatoria» elementare, college, servizio in Marina e nell’Air Force, e scomodi viaggi nei posti più sperduti dell’ex impero.
Ma a ben guardare, c’è stata un’evoluzione nel ferreo meccanismo dell’educazione degli eredi al trono, e forse al Royal Baby toccherà la sorte più ingrata: quella di frequentare solo scuole pubbliche e di mettersi magari in lista d’attesa all’asilo, per cementare suo malgrado la nuova alleanza tra monarchia e classe media siglata con il matrimonio di William e Catherine.
Elisabetta non è mai andata a scuola ed è stata educata da precettori. Sappiamo molto della sua adolescenza per colpa di Marion Crawford, una nanny scozzese che quando lasciò il servizio violò la fiducia del re scrivendo due libri pieni di dettagli sulla vita della famiglia. Quando Edoardo VIII abdicò e fu chiaro che Elisabetta sarebbe diventata regina, il percorso di studi della principessa venne cambiato, per prepararla alle future responsabilità. La nonna Mary, che si occupava della sua educazione, decise di aggiungere un po’ di storia, ma soprattutto di poesia: la poesia, spiegò quella donna straordinaria, allena la memoria e insegna il potere e il ritmo delle parole. È la materia che serve di più, per fare bene il re.
Elisabetta amava la storia, e in particolare quella della regina che portava il suo nome, Elisabetta I. Stava per ore a guardarne il ritratto, nella Royal Library di Windsor, che era stata 400 anni prima la camera da letto della grande sovrana. Per Elisabetta era meraviglioso studiare la storia nelle stesse stanze dove si era svolta, un privilegio concesso a pochi. Ma fu suo padre, Giorgio VI, a insegnarle davvero quello che avrebbe dovuto sapere per regnare: ogni giorno la faceva sedere vicino a sé alla scrivania, per spiegarle i dispacci che stava firmando.
Carlo è stato il primo erede al trono ad andare a scuola, ma non in quella che avrebbe voluto. Suo padre Filippo decise tutto, convinto che quello che era andato bene per lui andava bene per il figlio. Carlo non perdonò mai al padre di averlo mandato alla Gordonstoun school in Scozia, un posto che definì un «Colditz in kilt», riferendosi a una serie tv nella quale prigionieri inglesi rinchiusi nel castello di Colditz cercavano di scappare dai torturatori nazisti. Ancora oggi, Carlo lamenta l’assenza dei genitori nella sua infanzia, all’origine forse di molte sue stravaganze. Ma trovò comunque il coraggio di imporre a Filippo un passaggio al Trinity College di Cambridge, prima dell’obbligatorio arruolamento in marina. Per nulla a suo agio con la matematica, e quindi incapace di tracciare una rotta, Carlo non si trovava bene nella Royal Navy e si divertì di più a pilotare elicotteri e aerei, altro percorso obbligato nel quale suo padre era un vero asso.
QuandoWilliamnacque,nel1982,Diana e Carlo lo portarono a Balmoral, come aveva suggerito la regina. In Scozia pioveva a dirotto e il bambino già dopo poche ore piangeva e aveva la febbre. L’antipatia di Diana per il castello preferito da Elisabetta e per le regole di corte si manifestò allora, e si decise che William avrebbe avuto un destino diverso. Per esempio avrebbe frequentato l’Eton college, nel quale avevano studiato non i parenti del ramo Windsor, ma il padre e il fratello di Diana. Per l’università si scelse quella di St Andrews, più indulgente di Cambridge, dove l’arrivo di William causò un record di iscrizioni femminili, Catherine compresa.
L’esperto di cose reali Charlie Jacoby pensa che al Royal Baby toccherà una sorte ancora diversa: meno baby sitter e governanti, forse solo una tata alla pari, e scuole pubbliche, purché non cattoliche. Da subito, la stampa massacrerà la coppia reale, giudicando se il bambino è allevato bene, è troppo trascurato o troppo assillato dai genitori. È importante farsela amica. Nella suo primo incontro con i giornalisti, quando aveva due anni, William li conquistò dicendo loro «palla», «papi», «trattore» e «formica», come riportò fedelmente il «Daily Telegraph». Ma Kate andrà presto alsupermercatoconlacarrozzina,ilfuturo re sorriderà alle massaie in coda alla cassa e garantirà alla monarchia molti altri decenni di vita.