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 2013  luglio 21 Domenica calendario

LA HOLLYWOOD AFRICANA MESSA IN FUGA DALL’ISLAM

«Gli attori e le attrici somiglia­no ­a scimmie che con i loro atteg­giamenti immorali offendono Allah». La fatwa di Aliyu Tashaku, tra i leader di Boko Ha­ram, ha colpito una delle più im­portanti (e meno conosciute al­le nostre latitudini) industrie della Nigeria, quella cinemato­grafica. Dopo l’americana Hol­lywood e l’indiana Bollywood (Oscar nel 2009 con «The Millio­naire»), ecco Nollywood, il car­rozzone di Madre Africa che dal­la sua data di nascita, correva l’anno 1992, non sembra cono­scere battute d’arresto. Sotto un aspetto artistico quello prodot­to in Nigeria è un cinema di bas­so profilo, costruito su satire so­cio-politiche, oppure su storie di gelosia, stregoneria, religio­ne, vendetta, petrodollari e insi­curezza, con sceneggiature sommarie e ricche solo di colpi di sce­na. Il pubblico tuttavia apprez­za e si identifica nelle fiction.
Una telecamera digitale, una manciata di denaro, poco tempo e tanto ingegno: sono gli in­gredienti che bastano per pro­durre circa 2mila pellicole ogni anno, con un giro d’affari che si aggira sui 450 milioni di dollari e 200mila persone impiegate tra attori, registi e maestranze. Tut­to questo però rischia di sprofon­dare sotto i colpi della minaccia dell’islam radicale. Boko Ha­ram, che nonostante la recente tregua tiene in scacco il nord del Paese, ha promulgato un editto religioso per spegnere le teleca­mere. Il timore di attentati si ta­sta con mano, tant’è che nell’ultimo anno solo il 20% di quanto prodotto da Nollywood è appro­dato nelle sale cinematografi­che, soppiantate, per ragioni di sicurezza, dalla vendita diretta dei dvd (che costano all’incirca 2 euro nell’edizione originale). Le nuove produzioni sono distri­buite il lunedì di ogni due setti­mane nei grandi mercati all’in­grosso di Lagos, Kanu e Onitsha. «Ci manca solo che i terroristi decidano di fare irr­uzione nelle ca­se e sparare a telespettatori iner­mi», commenta Okey Zubelu Okoh, uno dei registi più cono­sciuti. Purtroppo è avvenuto po­chi giorni dopo le sue parole a Dumbari, importante centro del nord est della Nigeria. Una fa­miglia di sei persone è stata ster­minata a colpi di mitra davanti al televisore, stava guardando «Temperamental», una delle ul­time produzioni. Inutile nascon­de­re che Nollywood sta accusan­do il colpo, soprattutto da quan­do, una decina di giorni fa, a po­chi passi dagli studios di Benin City un’auto carica di esplosivo è saltata in aria. Un avvertimen­to bello e buono. Come per altro conferma Van Vicker, 36enne at­tore di origini ghanesi, una sorta di Denzel Washington in salsa africana: «L’impressione è che di questo passo ci toccherà an­dare a lavorare altrove. Con le produzioni stiamo valutando alcune alternative». Le più papabi­li portano a Cotonou, capitale del piccolo ma confinante Be­nin, disposto ad accogliere a braccia aperte il colosso cinema­tografico nigeriano, ma anche a Ouagadougou, in Burkina Faso, città che tra l’altro organizza il più celebre (e celebrato) festival del cinema africano e che dispo­ne di importanti location.
Appare molto scossa Genevie­ve Nnaji, l’attrice più amata in Nigeria e che ha fatto incetta di tutti i premi più importanti, in patria così come nel continente nero. Genevieve, 34 anni, medi­ta di andare a lavorare in Europa dopo aver ricevuto minacce di morte: «Sono attrice, donna e cattolica. Il bersaglio preferito degli intolleranti religiosi - spie­ga - a breve incontrerò alcuni produttori a Parigi e pianifiche­rò altrove la mia vita professio­nale». Genevieve sa bene che do­vrà ridimensionarsi: la prima donna del cinema nigeriano purtroppo può ambire a qual­che ruolo di secondo piano nel mondo della celluloide più professionale. «Meno celebrità e guadagni? Li baratto volentieri con un’esistenza più tranquilla per me e i miei familiari».