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 2013  luglio 20 Sabato calendario

ECCO COME LA GERMANIA SI STA COMPRANDO LA GRECIA

«Questi qui si stanno com­prando tutta la Grecia» senten­zia un tassista fuori dall’Hotel Hil­ton di Atene. La visita del super ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble è appena terminata, ma la sensazione dif­fusa è che sia stata più una pre­senza per addolcire l’amara cicu­ta che altro. Alla vigilia dell’enne­si­ma tranche di prestiti da 2,5 mi­liardi che la troika dovrebbe sbloccare per agosto, la notizia vera non è l’ennesimo buco nel­l’e­rario atenie­se (mancati in­troiti per 1,6 miliardi dal gennaio ad og­gi) ma il tentati­vo di Berlino di occupare fi­nanziariamen­te il Paese. Mentre tutti so­no impegnati a discutere del licenziamen­to di 25m­ila dipendenti pub­blici che non muta di una virgola lo scenario apocalittico dei conti greci, Berlino ha deciso di im­piantarsi in Grecia «conquistan­dola» definitivamente.
Da oggi tutte le operazioni fi­nanziarie (investimenti, fondi al­le piccole e medie imprese, infra­strutture) saranno gestite diretta­mente dall’istituto tedesco Kfw, il braccio armato di Deutsche Bank. La Kreditanstalt für Wiede­raufbau (KfW) non è una banca scelta a caso. Si tratta dell’Istituto di Credito per la Ricostruzione, creato nel 1948, dopo la Seconda guerra mondiale, nell’ambito del Piano Marshall. Dopo la ca­duta della cortina di ferro, ha avu­to un’impennata precisa con ri­svolti geopolitici rilevanti, finanziando la Germania Est con fon­di europei. Schaeuble, incon­trando due giorni fa ad Atene ar­matori, banchieri, manager e in­termediari finanziari, ha chiarito come il suo Paese intenda il rap­porto tra creditore e debitore: la Kfw lavorerà in cabina di regia con il Fondo di sviluppo greco-te­desco, che investirà nei piani aziendali, in particolare nelle pic­cole e medie imprese greche as­solutamente carenti di liquidità. Ma lo farà tramite uno strumen­to di influenza economica inter­nazionale dello Stato tedesco. Sa­rà il big brother con cui la Germa­nia seguirà materialmente ogni singolo euro che si sposterà per e sul territorio ellenico.
Ma soprattutto, è la vulgata che circola tra i maggiori commentatori dopo che l’aereo di Stato tedesco trasportava il po­tente ministro verso il G20 di Mo­sca, garantirà Deutsche Bank (e anche Bundesbank) che nessuno faccia scherzi in Grecia, come una crisi di governo e la conse­guenza ridefinizione del memo­randum: in quel caso i due istituti perderebbero miliardi di manca­ti interessi sul maxiprestito.
Ma non è tutto, perché una se­rie di fondi internazionali (tede­schi in testa) hanno predisposto un protocollo di proposte da sot­toporre alle banche greche: per ogni cento euro di prestiti «scadu­ti» (considerata l’altissima insol­venza dei cittadini che avevano acceso un mutuo o che avevano chiesto un finanziamento) il fon­do ne mette sul tavolo trenta per comprare quel prestito. E un atti­mo dopo, quando il debitore non sarà in grado di onorarlo co­me faranno il prossimo 1 genna­io centocinquantamila cittadini greci secondo l’Istituto di statisti­ca ellenico, si porteranno a casa resort nei paradisi delle Cicladi, prestigiosi immobili nel centro di Atene, sedi di industria e attivi­tà commerciali. Proseguendo di fatto in un’occupazione che, al netto di larghe intese o di flebili in­gerenze dell’Ue, si sta compien­do.
A ciò si aggiunga un fatto preci­so­ che Berlino non intende accet­tare: il risarcimento tedesco dei danni perpetrati alla Grecia du­rante l’occupazione nazista. Hit­ler invase la Grecia nell’Aprile 1941, saccheggiandola e deva­standola in lungo e in largo. Se­condo i dati della Croce Rossa In­ternazionale tra il ’41 e il ’43 furo­no almeno 300.000 cittadini gre­ci a morire letteralmente di fame.
Ma Germania Italia, oltre a pre­tendere cifre elevatissime per le spese militari, ottennero forzat­a­mente dalla Grecia anche quello che venne definito un prestito d’occupazione, consistente in 3,5 miliardi di dollari. Lo stesso Fuhrer riconobbe in quella circo­stanza il valore legale del prestito e avallò il risarcimento. Ma alla Conferenza di Parigi nel 1946 ne riconobbe solo la metà. E così mentre l’Italia ripagò la propria parte del prestito, la Germania si rifiutò. Oggi quella cifra, al netto di interessi, ammonta a 163 miliardi. Più della metà del debito pubblico del Paese.