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 2013  luglio 22 Lunedì calendario

BUM BUM FOGNINI. L’EX INCOMPIUTO HA IMPARATO A VINCERE

Era il ragazzo che perdeva le partite già vinte, è diventato l’uomo che vince quelle ormai perse. Era il ribelle con molte cause (sbagliate), lo sperperatore di occasioni. Si è trasformato in un campione freddo nei momenti che contano, capace di ridere di un’epidemia di corde rotte tre in quattro game, un record -, salvare in scioltezza tre matchpoint e dimenticarsi anche gli sgarbi del giudice di sedia. La maturazione è sostanziale ed epocale, e spiega come Fabio Fognini ieri battendo Federico Delbonis (4-6 7-6 6-2) abbia vinto ad Amburgo il suo secondo torneo in due settimane (dopo quello di Stoccarda contro Kohlschreiber) e da oggi sia entrato fra i primi 20 del mondo. Numero 19 per la precisione, e n. 1 d’Italia riscavalcando Andreas Seppi (23) a due anni di distanza. Da quando esiste il computer fra i tennisti (maschi) italiani solo altri 7 prima di lui, da Panatta a Seppi, erano riusciti a entrare nel recinto dei top-20. Ma il 2013 è l’anno magico di «Fogna», talento da sempre, campione vero solo da quando ha capito che a 26 anni era tempo di mettere i nervi in ordine, e non è detto che l’ascesa sia finita qui. Anzi.
La vittoria di Gianluigi Quinzi nell’Under 18 di Wimbledon ha lanciato un luglio d’oro per il nostro tennis: Vinci ed Errani si sono divise la finale di Palermo, si è risvegliata la Pennetta, semifinalista a Bastad, in Austria è ripartita la Knapp, semifinalista anche lei. A Stoccarda, una settimana fa, Fabio si era preso il primo titolo Atp di una carriera decorata di allori parziali (i quarti a Parigi, i colpacci in Davis), ad Amburgo ha vinto un «500», un torneone con una tradizione ultracentenaria dove in passato avevano trionfato anche Pietrangeli (1960) e Bertolucci (1977). Nomi grossi, roba seria, almeno per noi. L’ultimo successo così pesante, ragazze escluse, il nostro tennis l’aveva vissuto nel ’91 a Rotterdam con Camporese che in finale seccò addirittura Lendl. A sottrarre il grande scalpo a Fognini è stato il 22enne gaucho Delbonis, n. 114 a inizio torneo, esecutore sabato di un Federer sbiadito, ma Fabio in sette giorni ha battuto due top-15 come Haas e Almagro e in finale, oltre a Delbonis, ha sconfitto anche il fantasma del vecchio Fognini. Sotto 6-4 4-1, dopo 3 incordature rotte per jella pura e un assurdo warning del giudice di sedia ha protestato, ma si è raccattato in fretta; poi ha raggiunto l’argentino sul 4-4, nel tie-break ha salvato tre matchpoint e nel terzo set è scappato via sull’abbrivio, come un grimpeur di razza sul Ventoux. Uno sprint che dura dalle semifinali di Montecarlo, il risultato di un puzzle vincente che mescola vita e mestiere. La voglia di riscatto di Fabio («Lo so che visto in tv sembro antipatico, ma chi mi conosce sa che sono allegro e giocherellone»), la sapienza di coach Perlas, catalano come Guardiola, che lo ha preso in carico un anno fa: «È uno che soffre, lo alleno perché so quanta voglia ha di diventare grande». E la calma e la bellezza di Svetoslava Simeonova, magnifica fidanzata-modella bulgara: «Lei è più grande di me - dice Fabio - sa come prendermi e come dirmi le cose».
Veloce di gamba e di mano, capace di anticipare pensieri e rimbalzi, Fabio lo era sempre stato. Gli mancava il timing interiore, la messa a fuoco con se stesso. Ora che l’ha trovata restano due obiettivi: «Voglio vincere anche sul veloce. E poi ogni tanto ricasco in comportamenti che non piacciono alla gente e soprattutto non piacciono a me: vanno eliminati del tutto». La strada per i top-10 passa anche di lì.