T.Mas., La Stampa 21/7/2013, 21 luglio 2013
GLI EMERGENTI STRIGLIANO GLI STATI UNITI
È stato il vero convitato di pietra del G20 finanziario di Mosca. In sua assenza, non si è fatto che parlare di lui. E certo è che Ben Bernanke avrebbe vissuto l’ultima riunione dei Grandi come governatore della Fed un po’ sulle spine. Un riflesso chiaro delle discussioni del G20, incentrate soprattutto sulla mossa della banca centrale Usa che due mesi fa ha creato scompiglio sui mercati, è finito nel comunicato finale, che ha fatto riferimento all’impegno ai governatori di «calibrare con cautela e comunicare con chiarezza i cambiamenti di politica monetaria». Due mesi fa l’accenno di Bernanke, confortato dai segnali consolidati di una ripresa statunitense in atto, di una possibile fine delle misure straordinarie - una diminuzione dell’enorme mole di liquidità che la Fed sta iniettando sui mercati da anni - ha provocato una nevrosi collettiva. La mossa è stata poi corretta da Bernanke, ma al G20 gli emergenti hanno lamentato la fuga degli investitori dai loro Paesi e una corsa verso il dollaro. Siccome anche in Europa sono risaliti gli spread la Bce ha dovuto rispondere a Bernanke a inizio luglio rompendo una tradizione, impegnandosi per la prima volta nella sua storia sul futuro. E la promessa di Mario Draghi di tassi di interesse «ai livelli attuali o più bassi per un prolungato periodo di tempo» ha rimesso il buonumore ai listini. Tra l’altro, Draghi sembra muoversi in perfetta sintonia con una nuova superstar tra banchieri centrali, Mark Carney: lo stesso giorno del presidente della Bce, ha reso noto che la Banca d’Inghilterra (dove è subentrato questo mese a Mervyn King) non ha alcuna intenzione di aumentare i tassi. L’ex governatore della Banca centrale del Canada è incline a spingere molto sul pedale dell’acceleratore, per quanto riguarda le politiche monetarie. C’è infine la grande sorpresa della Cina, che alla vigilia del G20 ha annunciato un ulteriore passo sulla via della liberalizzazione delle politiche monetarie, che con le riforme finanziarie dovranno provare a compensare il rallentamento dell’economia. E che è stato oggetto di discussione tra i Grandi riuniti a Tokyo. Nel comunicato finale il messaggio più evidente è che è finita l’era dell’austerità: la priorità assoluta, adesso, è far ripartire la crescita «troppo debole» e garantire la ripresa, ancora «fragile» e «discontinua».