Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  luglio 22 Lunedì calendario

RIVOLUZIONE SVIZZERA, ADDIO AL SEGRETO BANCARIO


«E’ un pezzo di storia che cambia. E’ come la fine della caccia alla volpe in Inghilterra». L’avvocato svizzero Paolo Bernasconi, laureato honoris causa come esperto di segreto bancario, qualifica così la portata delle recenti decisioni di tre istituti ginevrini di rinunciare al loro statuto di banchieri privati e quindi al modello di responsabilità personale illimitata per eventuali perdite. Unico al mondo, sigilla la garanzia di una comunità di interessi tra il cliente ed il banchiere. Le decisioni dei tre banchieri privati ginevrini sono emblematiche dei sussulti, attacchi e adattamenti che hanno scosso negli ultimi anni la prestigiosa piazza finanziaria elvetica ed il leggendario segreto bancario, oggi agonizzante. Lombard Odier (la più antica Maisondi banchieri privati di Ginevra in mano ai successori delle famiglie Lombard, Odier, Darier et Hentsch) e Pictet (fondata nel 1805) hanno rinunciato allo statuto giuridico di banchieri privati in febbraio e pochi giorni fa la banca ginevrina Mirabaud (1819) ha annunciato una modifica della veste giuridica, per diventare una società in accomandita per azioni di diritto svizzero.
Spiega Bernasconi: «La loro struttura ha retto per secoli, ma adesso hanno dovuto adeguarsi. Di fronte all’entità dei rischi globali, il sistema del banchiere privato che risponde con il proprio patrimonio non è più conforme alle regole. Il mercato vuole sapere chi sei e nel mondo il nome di queste famiglie non basta più. C’è il principio di trasparenza, le autorità di vigilanza e gli investitori non accettano l’idea che i mezzi propri siano bassi perché risponde la famiglia ». In tutta la Svizzera, sono rimasti otto banchieri privati contro i 60 del 1945.
Ginevra è la culla del segreto bancario, istituito nel 1713 dal Gran Consiglio con una legge che imponeva alle banche di non rivelare i nomi dei clienti, ed ha visto fiorire nei secoli il private banking che ancora oggi è il pilastro della piazza finanziaria elvetica. La protezione delle informazioni dei clienti ha infatti contribuito a rendere la Svizzera il più grande centro finanziario offshore del mondo, con circa 2.000 miliardi dollari di patrimoni privati gestiti a livello transfrontaliero, pari a una quota di mercato del 30%. Ma dalla crisi del 2008, i Paesi in preda a gravi deficit di bilancio hanno dichiarato guerra al segreto bancario e scatenato la caccia ai conti non dichiarati di clienti stranieri in Svizzera. «La data è 2 aprile 2009, quando al G20 di Londra è stato dichiarata la guerra globale contro l’evasione fiscale. Per la prima volta non hanno scherzato», dice Bernasconi. «A lungo le banche svizzere hanno pensato di poter continuare a fare affari nel XXI secolo adottando il paradigma del XX secolo», osserva Sergio Rossi, docente di economia all’Università di Friburgo. «Per anni grazie al segreto hanno beneficiato di una rendita di posizione perdendo diverse occasioni per mettere in regola i loro clienti. Oggi la Svizzera è in una situazione di debolezza, messa nell’angolo da Ue, Ocse, G20, Stati Uniti ».
C’è stata una certa improvvisazione nelle soluzioni proposte per rispondere alle pressanti sollecitazione dei Paesi determinati a recuperare le somme sfuggite al fisco. Gli attacchi al fortino svizzero si sono susseguiti senza esclusione di colpi: dall’acquisto da parte della Germania di Cd rubati con i nomi di clienti stranieri nelle banche svizzere all’arresto di banchieri elvetici negli Usa. Tanto che pochi mesi fa, dopo il fallimeto dell’intesa fiscale tra Berna e Berlino, Credit Suisse, Ubs e Julius Bär hanno intimato ai clienti tedeschi di regolarizzare la loro situazione fiscale, pena l’interruzione delle relazioni. La Svizzera punta ora sul ’denaro pulito ed è alla ricerca di soluzioni per sanare e regolaizzare il passato. «Il nostro lavoro è cambiato, è più difficile ed i costi esplodono. Servono sempre più giuristi ed esperti di compliance e fiscalità internazionale », spiega un funzionario bancario. Il governo ha risposto come ha potuto per difendere la sua piazza finanziaria che vale il 10% del Pil e salvaguardare l’accesso ai mercati esteri per le sue banche. Pensava di aver compiuto un passo risolutorio accettando gli standard Ocse in materia di scambio di informazioni per la sottrazione fiscale nel 2009 ma non è bastato. Scarso inoltre il successo dei negoziati fiscali con i Paesi dell’Ue, e quanto all’annosa controversia con Washington, la Confederazione ha dovuto ingoiare numerose pillole amare per difendere quegli operatori della piazza finanziaria elvetica minacciati addirittura di esclusione dal sistema del clearing per i pagamenti in dollari.
Impensabile fino a poco tempo fa e tutt’ora inaccettabile per una parte della classe politica e dell’opinione pubblica, Berna ha autorizzato nel 2012 undici banche svizzere accusate negli Usa di aver aiutato cittadini americani ad evadere il fisco a trasmettere migliaia di documenti relativi ai propri impiegati, avvocati e fiduciari, accusati di collusione con i contribuenti americani. L’ultimo rospo è il programma di autorizzazione speciale ideato dal governo svizzero per permettere alle banche elvetiche di fornire i dati richiesti dalle autorità giudiziarie americane senza infrangere la legislazione svizzera. Alla fine resta ben poco di quel segreto bancario svizzero ’’non negoziabile’’ fino al 2009 e la Svizzera si sta preparando ad accettare lo scambio automatico di informazioni in materia fiscale. «Se questo scambio prevede Rossi - sarà applicato in modo uniforme da una massa critica di Paesi, le grandi banche potranno restare al vertice della graduatoria mondiale. Ma le più piccole non avranno le dimensioni sufficienti per far fronte ai maggiori costi per la compliance e spariranno o saranno assorbite dagli istituti maggiori». Globalmente, gli attacchi al segreto bancario per quanto efficaci non hanno per ora diminuito il ruolo delle banche elvetiche. Ubs è tornata in prima posizione nel private banking davanti a Bank of America, e cinque dei 20 maggiori istituti dell’ultima classifica della Scorpio Partnership in materia sono elvetici: Credit Suisse è in quinta posizione, Pictet è decima, Julius Bär 16esima e Lombard Odier 19esima. Per Bernasconi, la piazza finanziaria svizzera è solida: «Le turbolenze sono solo scossoni di assestamento».