Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  luglio 21 Domenica calendario

A CENA COL DAVID PER 20 MILA EURO ECCO IL LISTINO DELL’ARTE IN AFFITTO


Come a casa o al bar, un Martini con ghiaccio e due olive sotto il David di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia, un cena a lume di candela dentro il tempio di Segesta, un gran galà nel Salone delle feste di Capodimonte e un veglione di capodanno al Teatro Massimo di Palermo. Si può, c’è un cartellino-prezzi sul comodato d’uso per un’ora, due, una serata o un pomeriggio, per una sfilata di moda o un concerto, un cocktail o un meeting.
Il bene culturale tira, la location storico-artistica degli eventi mondani regala un valore aggiunto sempre più apprezzato, e dopo un ventennio di affitti decisi in sordina, il «tariffario» già previsto (ma non imposto) dalla Legge Ronchey e poi dal Codice dei beni culturali, sta diventando di moda. Ne ha uno in bozza la soprintendente del Polo museale di Firenze Cristina Acidini, che nei prossimi giorni lo sottoporrà ai suoi dirigenti, anche se la concessione è prassi già consolidata. Insieme alle polemiche. Come quelle seguite alla sfilata di Stefano Ricci agli Uffizi, con cornice di guerrieri masai (costo 130 mila euro), o sull’affitto per un matrimonio indiano extralusso del Cortile dell’Ammannati a Palazzo Pitti (40 mila). Ma intanto il tariffario si impone, troppe le richieste, troppa la varietà dei casi per non mettere un minimo di ordine. «Prima vogliamo capire bene quali siano le richieste più congrue con la nobiltà dei vari luoghi» spiega la soprintendente del Polo museale di Venezia Giovanna Damiani, dove comunque le concessioni già viaggiano: 15 mila euro al mese per il Museo archeologico di piazza San Marco (concesso a un padiglione della Biennale), mille euro per concerti a Palazzo Grimani, e presto toccherà al cortile della Ca’ D’Oro, sul Canal Grande. In Sicilia (dove un teatro antico costa dai mille ai 10 mila euro e un monumento in genere da 500 a 5 mila), il tariffario è invece sotto osservazione, dopo il clamoroso caso della cena (a 5 mila euro) di un gruppo di facoltosi americani dentro il tempio di Segesta: «D’ora in poi», dice l’assessore regionale ai Beni culturali Maria Rita Sgarlata, «saranno permessi solo eventi adeguati al valore culturale dei siti». Un punto a favore dei «puristi», convinti che il tariffario configuri una inaccettabile «privatizzazione dei beni culturali», mentre i soprintendenti replicano conti alla mano: «La nostra povertà è grande, più soldi arrivano, meglio è» dice chiaro il soprintendente del Polo museale di Napoli, Fabrizio Vona, un entusiasta delle concessioni: «Offriamo il possibile per congressi, cene, spettacoli, cocktail, serate promozionali, visite fuori orario, in musei, ville, chiostri, giardini. A Castel Sant’Elmo abbiamo ospitato le selezioni di X Factor, a Capodimonte un dj set». Macché svendita: «Questi soldi per noi sono pane, le anime belle ci dicano quale altro sistema c’è per sopravvivere ».
Di entrate extra «indispensabili» parla anche Teresa Cinquantaquattro, soprintendente di Pompei, dove l’anfiteatro si affitta per eventi (il più recente, della Mercedes) a 15 mila euro. A Parma, una serata dentro la biblioteca Palatina rende fra i 5 e i 7 mila euro, a Milano, alla Pinacoteca di Brera le aperture straordinarie a pagamento (a volte con cena nel loggiato) vanno dai mille ai 3 mila euro l’ora, «un’occasione per fare cassa» secondo la soprintendente Sandrina Bandera, mentre al Cenacolo di Leonardo da Vinci niente cene, ma visite fuori orario a mille euro l’ora, o anche 2-300 in più, «dipende dalle richieste dei clienti, di solito banche, ordini professionali, assicurazioni » spiega il soprintendente Alberto Artioli. All’insegna della cautela, in compenso, si muove la soprintendenza archeologica di Roma, con un tariffario solo per foto e riprese tv. Tutto il resto si concede solo in casi molto speciali, «e purché si tratti di eventi culturali o umanitari, compatibili con il valore dei siti archeologici». Niente feste in peplo ai Fori imperiali, insomma, per le mascherate, si suggerisce, ci sono le case private.