Carlo Bordoni, la Lettura (Corriere della Sera) 21/07/2013, 21 luglio 2013
«MERKIAVELLI» LA TEMPOREGGIATRICE: RINVIARE E DIVIDERE (PER VINCERE)
«MERKIAVELLI» LA TEMPOREGGIATRICE: RINVIARE E DIVIDERE (PER VINCERE) - Mantieni la parola data ieri solo se oggi ti porta vantaggio». Sospendere le leggi e violare la norma crea un’incertezza perpetua da cui il Principe trae forza e vantaggio. È a questa regola machiavellica che s’ispira la cancelliera tedesca Angela Merkel, che Ulrich Beck nel suo ultimo libro (Europa tedesca, Laterza) definisce «Frau Merkiavelli» per la sua spregiudicata strategia di cambiare opinione, prendere tempo e adottare la tattica di esitare per domare; cogliere l’occasione della crisi per accumulare potere e imporsi sulle altre nazioni. Beck denuncia la pretesa tedesca di svolgere una funzione egemone in Europa, mediando tra una politica di austerità all’esterno e una condiscendenza socialdemocratica all’interno, per mantenere il consenso in vista delle elezioni federali del 22 settembre. Una critica che torna spesso nelle analisi dei sociologi tedeschi, preoccupati per il rischio di una «postdemocrazia», termine introdotto da Colin Crouch per indicare il mantenimento di garanzie formali, svuotate del loro reale contenuto.
Più che «tempo guadagnato», quello della Merkiavelli appare sempre più come tempo sottratto ai cittadini europei per uscire dalla crisi. Rinviare non risolve il problema, semmai acuisce l’antico antagonismo tra capitalismo e democrazia, considerando che la Germania, affiancata in questo da tutta l’Europa (Italia compresa), pratica una politica neoliberista.
La democrazia si trova perciò a un punto di svolta, un’altra di quelle grandi divisioni che permettono di crescere e adeguarsi alle esigenze di una società che cambia. Come al tempo di Tocqueville aveva assunto un significato più ampio, seguendo la tradizione americana — uguaglianza dei diritti e delle opportunità —, adesso la vecchia democrazia si mostra insufficiente ad affrontare la complessità del mondo liquido. Così la separazione tra politica e potere, su cui insiste Zygmunt Bauman (Danni collaterali, Laterza), si rivela in fondo una diminutio capitis della democrazia; un meccanismo perverso che tende a sottrarre ai cittadini il diritto di autodeterminarsi. La pratica della deregulation ne è lo strumento utile ma occasionale, da usarsi finché la sua mediocre carica ideologica non sarà esaurita.
La proposta avanzata da Beck di avere più Europa, nel senso di procedere a passi rapidi verso l’unità politica ed economica, eliminando le due velocità e le distanze tra Paesi creditori e debitori, appare ostacolata, o meglio non prevista, nei ruolini di marcia verso un’egemonia dei mercati. Il non-luogo sottratto al controllo politico, dove regna sovrana la legge del profitto in nome di un individualismo spregiudicato. Per ironia della sorte in una cultura che riconosce valore all’individuo nella strenua lotta per sopravvivere, all’interno di un sistema privo di reti di protezione e che ritiene superata la solidarietà pubblica. Ma che di questa inedita formula di aggregazione sociale — le moltitudini di spinoziana memoria — privilegia il solo versante economico.
Carlo Bordoni