Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 21/07/2013, 21 luglio 2013
PERCHÉ L’AUSTRIA-UNGHERIA NON FU UNA POTENZA COLONIALE
Come mai l’impero asburgico e i Paesi scandinavi diversamente da altre nazioni europee, non mi risulta abbiano mai avuto delle colonie?
Cesare Scotti
cesarevittorecarlo@gmail.com
Caro Scotti, le potenze coloniali sono generalmente Stati marittimi. Negli anni della grande corsa alle colonie, durante la seconda metà dell’Ottocento, l’Impero asburgico poté contare soprattutto su Trieste, Fiume e Pola, tre città prevalentemente italiane, note per le linee internazionali di navigazione e le attività assicurative (Trieste), un importante silurificio (Fiume) e l’Accademia navale (Pola). Ma si affacciavano sull’Adriatico, vale a dire su un mare interno dell’Europa danubiana e Balcanica che era stato chiamato in altri tempi Golfo di Venezia. È forse questa una delle ragioni per cui l’Impero d’Austria e il regno d’Ungheria non soffrirono della febbre coloniale delle altre maggiori potenze europee.
Ve ne fu un’altra, ancora più decisiva: la ricerca di nuove formule politiche e istituzionali per la propria sopravvivenza. L’Austria-Ungheria era uno Stato d’Ancien Régime, un nobile ma vecchio mosaico composto da province e regioni che la Corona aveva conquistato o ereditato grazie a fortunati matrimoni. Il suo principale problema, soprattutto dopo i moti del 1848 e la forte tensione esplosa fra le sue principali componenti (Austria e Ungheria), non era quello di espandersi al di là dei mari, ma di conservare la massima possibile unità fra gruppi nazionali e religiosi che chiedevano maggiore autonomia, se non addirittura l’indipendenza. Quando perdette una parte importante delle province italiane, fra il 1859 e il 1866, alcuni esponenti della sua classe politica cercarono di legare maggiormente a Vienna la componente slava della Duplice monarchia, e l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono, puntò sulla creazione di una triplice monarchia — Austria, Ungheria, Croazia — che avrebbe garantito agli slavi del sud e ai boemi un ruolo almeno formalmente paritario. Quel sogno, come sappiamo, morì a Sarajevo il 28 giugno del 1914.
La mancanza di una politica coloniale non impedì all’Austria, tuttavia, di avere un ruolo nella cristianizzazione dell’Africa. Quando s’installò nel Sudan e fondò la sua Congregazione, padre Daniele Comboni, nato a Limone sul Garda nel 1831, era cittadino austriaco e poté contare sull’aiuto della rete consolare dell’Impero asburgico. Il primo vescovo dell’Africa fu quindi un suddito di Francesco Giuseppe.
Il caso dei Paesi scandinavi è alquanto diverso. La Svezia, dopo la sconfitta di Poltava nel 1709 contro l’esercito di Pietro il Grande, cessò di essere una potenza europea e fu per molto tempo uno Stato periferico, molto povero e abitato da contadini fra cui molti scelsero l’emigrazione verso gli Stati Uniti. La Norvegia, prima di conquistare l’indipendenza, fu una dipendenza della Danimarca e poi della Svezia. Potenza coloniale fu invece la Danimarca, con basi marittime e insediamenti mercantili in Africa (soprattutto in Ghana), nelle Americhe (le isole Vergini), sulla coste dell’Oceano Indiano e dell’Asia sud-orientale, nell’Europa del Nord (Groenlandia e Islanda). Ancora oggi i danesi bevono una acquavite che è considerata «matura» soltanto quando i barili che la contengono hanno attraversato l’Equatore.
Sergio Romano