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 2013  luglio 21 Domenica calendario

LA VIOLENZA DOMESTICA E I SOCIAL. TROPPI COMMENTI FRETTOLOSI

La violenza domestica è quasi sempre invisibile, nascosta per la vergogna. I lividi coperti da occhiali scuri, la verità camuffata con racconti di incidenti improbabili. Anna Laura Millacci, invece, ha deciso di esibire la violenza subita, postando le proprie foto online con un gesto che assomiglia a un coming out liberatorio. Forse cliccare il pulsante "pubblica" su Facebook è stato più facile che andare alla polizia per denunciare il compagno, Massimo Di Cataldo. Non sappiamo quanto Anna Laura, mentre era da sola davanti al computer, avesse ben chiare le conseguenze di quel semplice clic. Premere un tasto è un movimento automatico dell’indice, ma può travolgere la privacy propria e degli altri, cambiare direzione a una vita. Sono questa facilità e pervasività che fanno dei social network il catalizzatore (non la miccia) di complesse reazioni chimico-sociali: luoghi di innamoramenti e vendette tra ex, di derisione e di denuncia. Certo è che la volontarietà della diffusione di queste foto le rende diverse da quelle ormai iconiche della popstar Rihanna (tumefatta), o della giornalista-conduttrice Nigella Lawson (immortalata da un tabloid mentre il marito le stringeva le mani sul collo). La vittima stavolta dice «guardatemi». L’altra riflessione da fare è su di loro, i protagonisti, e noi, gli spettatori. Fino a prova contraria, siamo tenuti a credere alle donne che denunciano un’aggressione, perché la paura di non essere credute riduce al silenzio. Ma non si può mettere alla gogna un presunto colpevole la cui condotta sia ancora oggetto di indagine. La corsa al commento compulsivo registrata ieri su internet sembra suggerire che gli abusi domestici siano oggetto di unanime condanna ma ha anche un lato oscuro: dimostra quanto è forte la tentazione di accanirsi contro qualcuno (in questo caso il cantante) quando ormai è caduto in disgrazia. E’ la massa che se la prende con il singolo. E’ violenza che si aggiunge a violenza. I casi di cronaca hanno dimostrato che non sono altrettanto numerose le persone pronte a esporsi per fermare un aggressore e difendere una vittima in carne e ossa. Indignarsi è più faticoso quando a piangere è la nostra vicina o uno sconosciuto colpito sotto i nostri occhi per strada.
Anna Meldolesi