G.O.L., Avvenire 21/7/2013, 21 luglio 2013
DAL GOLEM A BLADE RUNNER, UN STORIA MILLENARIA
A cominciare dal dramma del 1921 R.U.R. di Karel Capek (cui si deve il termine ’robot’), passando per i racconti di Asimov e tanti altri, fino a film come 2001: Odissea nello spazio , Blade Runner e via elencando, scrittori e registi hanno indagato il rapporto uomo-macchina, indicandone i possibili sviluppi e i nodi prossimi venturi. Ma l’impresa della robotica si colloca nel solco di un tentativo ben più antico, quello di imitare l’atto divino della creazione, in cui s’intrecciano la vertigine del demiurgo e il timore per la creatura, che talora minaccia di ribellarsi e distruggere l’inesperto fattore. Basta ricordare la leggenda del Golem o il Frankenstein di Mary Shelley. Talvolta invece, come nei racconti di Hoffmann, gli uomini s’innamorano di bambole meccaniche, imitazioni perfette della donna. Questi temi – orgoglio e timore, fascino e orrore – sembrano appartenere a un passato ormai lontano, eppure a ben guardare sono ancora presenti non solo nelle opere di fantascienza, ma anche nell’immaginario collettivo e nel nostro atteggiamento nei confronti delle tecnologie di punta, in particolare delle “tecnologie della mente” come i computer, l’intelligenza artificiale e appunto i robot. Accanto ai miti e ai racconti, l’ambizione di costruire l’uomo artificiale produsse nei secoli una fioritura di opere artigianali, gli automi, mirabili artefatti che, mossi dalla gravità o da un meccanismo interno, sembravano comportarsi come esseri viventi. Anche se oggi non si costruiscono più e sono rimpiazzati ovunque dai robot, gli automi continuano a popolare di inquiete proiezioni e torbidi sogni la dimensione immaginaria del nostro tempo. Tanto che anche la robotica si confronta con la costruzione di macchine antropomorfe, gli umanoidi, residuo di una storia affascinante e tenebrosa di meccanica onirica, dove magia e occultismo s’intrecciano con la genialità inventiva. (G.O.L.)