Marco Lodoli, La Repubblica - Roma 21/7/2013, 21 luglio 2013
IL RITORNO DELLE LUCCIOLE
In questi momenti difficili, quando gli indicatori economici volgono cupamente verso il basso e solo la disoccupazione e lo sconforto crescono, non è facile trovare segnali di speranza, minimi simboli positivi a cui aggrapparsi come a tronchi nella corrente. Eppure, se non ci siamo rassegnati completamente al peggio, se ancora un friccico di speranza vibra nei cuori, dobbiamo accogliere questi sparuti barlumi come anticipi della luce che verrà. Parlo per metafora, ma neanche troppo. Infatti, in due o tre punti della città, nei giardini sulla Flaminia, a Monte Mario, in una rampa notturna di un garage a Montesacro, ho visto baluginare nel buio le scintille intermittenti delle lucciole.
Sappiamo bene quale carica simbolica hanno questi insettini scintillanti, come Pasolini aveva indicato nella loro scomparsa la fine di una civiltà antica, contadina, vitale, cancellata dal cinismo e dalla protervia della modernità. Neanche le donnine mercenarie hanno conservato questo nome, ormai sono escort, imprenditrici del sesso, funzionarie del piacere. Le lucciole potevano abitare solo in qualche poesia nostalgica, nella memoria di un tempo andato via per sempre, nell’innocenza di un’infanzia trasognata. E invece eccole qua, sono tornate senza avvertire, per farci una sorpresa.
Chissà, forse per reggere allo smog e al cemento si sono trasformate geneticamente, forse si sono incrociate con qualche catarifrangente o qualche led elettronico, fatto sta che sono riapparse, contro ogni logica. Le ho viste e riviste, e quasi non credevo ai miei occhi. Accanto a una siepe scura, a una spalletta buia di mattoni, al centro di una chiazza di tenebre hanno acceso le loro luci zompettanti. Non so se la loro presenza è un messaggio di speranza, se ci vogliono dire qualcosa di buono o se tirano a campare come tutti. Io però sono contento di questo ritorno, sono un poco più fiducioso nel tempo che verrà.