C.Ma., Il Messaggero 22/7/2013, 22 luglio 2013
BOOM DI DENUNCE IN SALA PARTO
Mettiamo in fila diecimila neonati. I genitori di otto di loro chiederanno un risarcimento al servizio sanitario. Con il parto arriva anche una denuncia. Per un errore. Nei confronti del piccolo, in nove casi su dieci, o ai danni della madre in un caso su dieci.
I CESAREI
I ginecologi, come lamentano da tempo, sono in testa agli specialisti che devono condividere il loro lavoro quotidiano in sala parto con le aule giudiziarie. Una crescita lenta e costante, quella delle richieste di indennizzo, dal 2004 al 2011. Come testimonia l’indagine che copre quegli anni firmata dalla Marsh (leader globale nella consulenza dei rischi) sulla ”Medical malpractice in ostetricia“.
L’ANESTESIA
L’analisi in 83 strutture da Nord a Sud. Risultato: il 78,5 per cento delle vertenze riguarda parti naturali mentre il 21,5 è legato ai cesarei. Basterebbero questi due dati per far capire come mai, nel nostro Paese, è così lievitato da noi il numero delle nascite con il bisturi. Circa il 33% del totale, media tra le più alte nel mondo. Con punte che sfiorano il 44% nel Lazio, il 56% in Puglia e il 78% in Sicilia.
La fase più a rischio è il travaglio, la maggior parte delle denunce sono riferite proprio alle ore prima del parto. Seguono poi gli errori nel momento dell’espulsione, quelli dipendenti dall’anestesia, nell’utilizzo nel forcipe, nella rianimazione neonata. E poi il taglio e la diagnosi. Quali lesioni:dalla sofferenza fetale (41% dei casi), alla distocia della spalla, alle abrasioni sul bambino, alle emorragie materne.
LE RICHIESTE
A livello economico negli 8 anni presi in esame, si legge nello studio Marsh, sono stati risarciti complessivamente 43 milioni di euro. Il 45% delle richieste danni viene segnalato entro un anno e un ulteriore 15% entro due anni. Complessivamente entro tre anni si contano il 70% delle denunce, per arrivare al 91% arrivati ai 6 anni. Nel privato più contenzioso che nel pubblico.
Il 12 febbraio scorso i ginecologi hanno dichiarato uno sciopero proprio per sollevare la questione delle denunce e della difficoltà a lavorare. «In ostetricia come in altre specialità chirurgiche - spiega Giambattista Catalini della Fesmed - abbiamo protestato per mettere in evidenza il problema della colpa grave e della medicina difensiva. Dobbiamo arrivare ad una definizione chiara di atto medico. Noi abbiamo il diritto di essere assicurati dalle aziende dove lavoriamo, proprio come prescrive il contratto». Ginecologi e ortopedici destinati a pagare le polizze più care: per garantirsi il massimale la cifra sfiora i 17mila euro all’anno.