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 2013  luglio 19 Venerdì calendario

IL DOGE DEI «TUTTOLOGI» VITA, OPERE E DISASTRI DI MASSIMO CACCIARI

«Se diciasette anni vi sem­bran pochi!». Parte così il pamphlet al vetriolo dato alle stampe in que­sti giorni da Stampa alternativa e fir­mato dallo storico Raffaele Liucci (che qualche lettore ricorderà per i libri in cui ha fatto le pulci a Montanelli). E uno, dato l’editore e l’autore, potrebbe aspettarsi il solito attacco a Silvio Berlusconi. Invece no, il veneziano d’adozione Liucci lo spiega subito, il bersaglio è tutt’altro:«Non si tratta dei diciassette anni dell’egemonia Berlu­sconiana (1994-2011), bensì dei diciasette anni in cui Massimo Cacciari ha regnato a Venezia (1993-2010)». Sì, ne Il politico della domenica, ascesa e de­clino di Massimo Cacciari il bersaglio sono proprio il sindaco filosofo e i suoi tre mandati al municipio della Serenis­sima, che Liucci boccia senza scam­po: «I risultati sono sotto gli occhi di tut­ti. Venezia non è più una città in decli­no, ma una città morta, spogliata da un turismo rapace e distruttivo...».
Sulle colpe di Cacciari come ammi­ni­stratore Liucci non ha dubbi e in que­sto suo breve ma documentato «sfo­go» le elenca tutte («il suo curriculum politico è una lista ininterrota di fia­schi da far impallidire una cantina so­ciale»).Tanto per dire:dal famoso, sci­voloso e vituperato ponte di Calatrava («un ponte maledetto di debolissima costituzione») alle nuove costruzioni sul canal grande che secondo Liucci sono un pugno nell’occhio e sulle qua­li Cacciari invece gli occhi li avrebbe te­nuti volontariamente ben chiusi («Cacciari,gia professore di Estetica al­lo Iuav, ha tagliato corto, censurando i timori espressi da alcuni suoi assesso­ri: “I giudizi estetici non ci competo­no”»). Il tutto senza scordare la cemen­tificazione della zona di Tessera o il pa­sticciaccio del nuovo Palazzo del cine­ma mai ultimato. La critica ovviamen­te viene tutta da sinistra, ovvero Cac­ciari, troppo amico del mercato, avreb­be fatto «poco o nulla per contrastare le consorterie che dettano legge nella Serenissima, spesso anzi assecondan­dole». Non per disonestà semmai per una questione di ego. «Escluderem­mo senz’altro che Cacciari possa esse­re stato un politico corrotto. Per una persona talmente innamorata di sé da credersi una divinità greca... il denaro è un bene troppo vile e plebeo».
Ed è proprio sulla questione del­l’ego e della propensione salottiera che Liucci allinea alcune delle sue ac­cuse più mordaci. «Spiace dirlo ma or­mai Cacciari è diventato un tuttologo sfibrante, una sorta di Sgarbi del post­berlusconismo, senza per altro posse­dere le virtù istrioniche del critico d’ar­te». L’elenco delle comparsate del filo­sofo divo è crudele e puntuale: «L’Espresso dedica un’inchiesta alla crisi della democrazia? Ecco il demo­cra­tico Cacciari che fa il punto sull’ar­gomento. C’è un congresso sulle tra­sformazioni della famiglia? Ecco il so­ciologo Cacciari (scapolo e senza fi­gliolanza, a suo merito) chiamato a te­nervi una prolusione. V’è da celebra­re il quarantennale del Sessantotto? Ecco il reduce Cacciari che non rinun­cia a dire la sua (forse memore di quan­do si alzava all’alba, insieme a Toni Ne­gri, per recarsi in fabbrica a spiegare agli operai le pagine del Capitale). C’è da rivitalizzare il Premio Campiello? Ecco il critico letterario Cacciari... C’è da confezionare un servizio televisivo sulla prima tappa del Giro d’Italia? Ec­co il cicloamatore Cacciari che si fa strada fra i cameramen per un’intervi­sta esclusiva...». Insomma quello che proprio Liucci, e non è il solo, proprio non digerisce è la discrasia tra il Cac­ciari che il 19 maggio 1994 dichiarava al settimanale Sette: «Stia tranquillo che al Maurizio Costanzo Show non mi vedrà mai» e il Cacciari che già il 19 ottobre 1994 spiegava a Costanzo nel suo teatro che: «Virtus ipsa praemium est». A questo poi si aggiungono an­che e ovviamente alcuni cambiamen­ti di posizione che per una certa sini­stra sono indigeribili. Cacciari ha inse­gnato al San Raffaele e si è persino per­messo di dire cose tipo: «Basta con il giustizialismo! Craxi vedeva lontano, sognava un grande partito socialde­mocratico europeo».
Inevitabile quindi che il librino, che ha faticato a trovare un editore, provo­chi un bel polverone nella gauche, soprattutto in quella radical chic vene­ziana. Si parlerà del Cacciari troppo di destra o troppo da salotto. Alla fine pe­rò il nodo vero resta la distanza tra l’in­tellettuale che scrive testi giudicati a volte incomprensibili dagli stessi filo­sofi e il sindaco con la necessità di go­vernare persone che, di destra o sini­stra non conta, parlano come mangia­no. Alla fine la frase di Cacciari più anti­patica è quella che Liucci ripesca da un’intervista a Radio 24 e pone a chiu­sa del testo: «La cosiddetta società civi­le ti invade ogni giorno l’ufficio per­ché ha la prostituta nel viale, o il casi­no nel bar sotto casa, o il mendicante o la strada dissestata... Un esercito di in­fanti incapaci di arrangiarsi... E io ri­spondevo: va bene, ti faccio l’ordinan­za, così smetti di rompermi le palle». Altro che crisi della metafisica occi­dentale...