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 2013  luglio 19 Venerdì calendario

COSTRETTI A PAGARE TANGENTI: POTRANNO DETRARLE DALLE TASSE

Sta perdendo poco alla vol­ta la fama di paradiso in­violabile degli evasori fi­scali, ma la Svizzera resta l’olim­po di un’altra categoria di perso­naggi abituati a maneggiare il denaro con disinvoltura. I tan­gentisti. C’è bisogno di velociz­zare un affare? Di battere sul tempo un concorrente? Di smuovere una faccenda finita nelle sabbie mobili? Di ottene­re un prezzo più vantaggioso in una compravendita? Problemi zero appena al di là del confine lombardo e piemontese. Da Lu­gano a Basilea la tangente non soltanto è tollerata, ma la si può mettere in bilancio come un co­sto aziendale e quindi dedurre dalle tasse nella dichiarazione dei redditi. Proprio come la ben­zina per l’auto aziendale o le ri­cevute dei pranzi di lavoro.
La mazzetta in franchi è consi­derata realisticamente. Nessuno scandalo, nessuna indigna­zione. È un prezzo da pagare per poter lavorare. Come ha scritto l’altro giorno il quotidia­no Tages Anzeiger di Zurigo, se­condo la legge elvetica per la de­ducibilità fiscale «è sufficiente dimostrare che, senza tangen­te, determinate operazioni non potevano essere portate a ter­mine».
Si altera la concorrenza? Si de­prime il merito? Si rischia di compromettere la qualità dei la­vori da fare? Salgono i prezzi? Pazienza, gli svizzeri sono sem­pre gli eredi di Giovanni Calvi­no, il teologo riformatore per il quale il denaro è un indice della benevolenza divina. Religione e capitalismo vanno a braccet­to per questa gente che bada al sodo, unge gli affari e sorvola sul resto.
«È una legge pragmatica - ha spiegato il deputato ticinese Fulvio Pelli, membro della com­missione Finanza del Parla­mento federale - . Prende atto che queste cose capitano, per­ché così va il mondo». Non puoi eliminare le tangenti? Allora meglio approfittarne e guada­gnarci. L’unico che può essere perseguito dalla legge non è il corruttore ma semmai il corrot­to, sempre che si riesca a dimo­strare che intascando la busta­rella egli abbia danneggiato la propria azienda. In quel caso ri­schia una denuncia per il reato di amministrazione infedele.
Spese di rappresentanza, par­celle, mediazioni, commissioni, provvigioni. Un’ampia gam­ma di eufemismi giustifica le mazzette, che appesantiscono le tasche di personaggi spregiu­dicati e alleggeri­scono le dichia­razioni fiscali degli imprendito­ri senza scrupoli. L’unico limi­te, pesante, è che sono conside­rate reato (e a maggior ragione escluse dal vantaggio tributa­rio) le tangenti versate ai funzio­nari pubblici o ai politici. Un li­mite piuttosto recente, che la le­gislazi­one federale ha introdot­to nel 1999 per rispettare le rego­le internazionali anticorruzione imposte dall’Ocse. L’Organizzazione per la coo­perazione e lo sviluppo econo­mico s­i è mobilitata agli inizi de­gli Anni 80 e ci ha messo un sac­co di tempo per fare cambiare abitudini a molti Paesi. Le maz­zette tra privati o per funzionari stranieri erano fiscalmente deducibili non soltanto in Svizze­ra, ma anche in Germania, Francia, Gran Bretagna, Olan­da, Giappone. In Italia non è mai stato così, e così pure negli Usa. Sono stati appunto gli ame­ricani, stufi di perdere affari in giro per il mondo a favore degli sfrontati concorrenti europei, a spingere per estendere i limiti al pizzo.
Berna ha resistito più di altri. Ha ceduto alle raccomandazio­ni dell’Ocse vietando le busta­relle a pubblici ufficiali stranie­ri nelle transazioni internazio­nali; ma non ha rinunciato alle mazzette tra privati, e ai conse­guenti vantaggi tributari. Del re­sto, la Svizzera è una delle casseforti della finanza internaziona­le, terra di conti correnti cifrati, di segreti bancari e di capitali di provenienza dubbia. Lì evade­re il fisco non è reato penale e il riciclaggio è punibile solo se si prova l’intenzionalità. E poi le mazzette legali sono un modo per aiutare il fisco: chi sborsa le deduce, ma chi incassa ci paga le tasse. Ecco una cosa da im­portare dalla Svizzera, oltre agli orologi, al cioccolato e alla Hun­ziker. Sai quanta Imu si risparmierebbe Saccomanni.