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 2013  luglio 19 Venerdì calendario

VOGLIONO FARE DI LIGRESTI IL NUOVO GARDINI

Sono passati vent’anni,ma il calendario sembra an­cora fermo a quel 23 lu­glio ’93. Il giorno in cui, in piena tempesta «Mani pulite», Raul Gardini chiuse i conti con que­sto mondo. Oggi portano ai do­miciliari un altro pezzo, nel be­ne e nel male, della storia im­prenditoriale italiana: Salvato­re Ligresti. Pure lui sul viale del tramonto, pure lui sommerso da articoli che vi­vise­zionano le sue presunte malefatte, pure lui ormai solo un ex da coniugare al passato, co­me un relitto, perché il presen­te è solo cronaca giudiziaria.
Certamente ciascuno di noi porta sulle spalle le proprie responsabilità e i 538 milioni di perdite che gli vengono conte­stati non sono noccioline. Ma colpisce, oggi come allora, quel­l’impasto di suggestioni irresi­stibili e dettagli scabrosi, quel vortice a metà fra i verbali e le cronache di giornale che può spingere a fondo chiunque. Li­gresti viene blindato nella sua casa milanese, le figlie Jonella e Giulia sono in carcere. Per un genitore è la peggiore delle condanne. Una famiglia marchiata come un’associazione a delin­quere. Le colpe dei padri che ri­ca­dono sui figli e i figli che fareb­bero da sponda ai padri. Una maledizione biblica che poggia sullo stelo esile di affermazioni quantomeno controverse: si sussurra che i Ligresti possono sempre scappare perché di­spongono di ingenti capitali ben sistemati e mimetizzati fra il Lussemburgo e chissà dove; e poi si citano, come in tutte que­ste dynasty lustrineggianti, il Falcon e l’elicottero con cui tut­ti potrebbero tagliare la corda. Anche se, nel tracollo malinco­nico degli ultimi tempi, i Ligre­sti hanno perso non solo la ter­ra, e i palazzi, e la calce, ma an­che il cielo e la piccola flotta con cui involarsi fra le stelle. E han­no mantenuto solo i coriandoli dell’antico potere: qualche cari­ca, qua e là, in società blasona­te. Pennacchi di un’epoca che non c’è più. Liquidata frettolo­samente dagli analisti del gior­no dopo come un mix di pac­chianeria e far-west.
Raul Gardini, uomo di eccessi scintillanti, fu triturato allo stesso modo: la corona di spine della sua via crucis furono i verbali di Pippo Garofano, il dominus di Montedison meglio noto come il Cardinale, pubblicati dal Mon­do; Gardini, che come Ligresti e più di Ligresti, era stato uno dei simboli dei favolosi anni Ottanta, il volto di un’Italia sorprendente e dinamica, proiettata di corsa verso la modernità, capì che non ci sarebbe stato riscatto. Ma solo dannazione, come quella di Li­gresti che si vede la figlia Giulia in carcere anche perché lei ha preso casa a Celerina, nella Svizzera va­canziera, dove guarda caso ha beccato pure un paio di multe tan­ta è la familiarità col luogo, e dove potrebbe sempre riparare.
Quando si è arrivati in vetta, e poi invece di contemplare le proprie luccicanti fortune si precipita, è sempre dura. Ma un Paese che è la patria del dirit­to dovrebbe dosare la custodia cautelare e le sofferenze, pub­bliche e private, inflitte ad un imputato, anche se è un imputa­to eccellente, anche se il suo passato, a differenze di quello del Contadino di Ravenna, è sempre stato per i numerosi detrattori una palude limacciosa, una terra malsana di misteri e chissà quale verità col profilo della coppola.
Gardini, il Gardini di quel fero­ce luglio ’93, capì che non ci sa­rebbe stata pietà e, forse, nem­meno giustizia. Anticipò tutti e un attimo prima di essere arre­stato si sparò. La solita coorte dei dietrologi non vide l’eviden­za, «la paranoia di un uomo ter­rorizzato» come la descrisse al Giornale Sergio Cusani, e conti­nuò a alimentare il giallo che non c’è di un omicidio compiu­to da chissà chi sul solito format di trame occulte, 007 e cervello­tici retroscena. Nel luglio 2013 tocca al vecchio patriarca del mattone cadere definitivamen­te a terra. Il suo avvocato, Gian Luigi Tizzoni, un penalista roc­cioso che è riuscito miracolosa­mente a far riaprire il delitto di Garlasco, lo definisce «molto provato. Non per sé, ma per le fi­glie». Parole asciutte, come quelle di un bollettino medico che si perde nella notte italia­na. La stessa dell’estate di vent’anni fa.
Stefano Zurlo