il Giornale 19/7/2013, 19 luglio 2013
IL PRECEDENTE KAPPLER "SALVATO", LATTANZIO NO
Una fuga alla Kappler. Era la notte prima di Ferragosto del 1977 quando un evento sarebbe entrato nel modo di dire degli italiani in quegli anni. Kappler era il responsabile della strage delle Fosse Ardeatine e del rastrellamento del Quadraro, quartiere di Roma. Per questo scontava l’ergastolo. Poi si ammalò di cancro. Fu portato all’ospedale del Celio. Da qui se ne andò tranquillo quella notte. Quando l’indomani fu dato l’allarme era già in Germania. Si scrisse di tutto: fuggito in una valigia, calato con le funi dalla finestra, uscito con la moglie senza far rumore. Di certo salirono in auto e corsero verso il Brennero. Successe il finimondo. Ai carabinieri era stato detto, senza motivo, di allentare la sorveglianza. Non si capì chi diede quell’ordine, se Moro , Andreotti o Forlani. Di certo caddero le teste di tutti gli uomini dell’Arma coinvolti: quattro comandanti delle compagnie di Roma e i due appuntati di vigilanza quella notte. Non bastò a placare l’opinione pubblica. Alla fine cadde pure l’allora ministro della Difesa Vito Lattanzio: “Sono un agnello sacrificale, pago io per tutti”. E quel tutti era la politica, che giocò a scaricabarile. La chiamarono “fuga di Stato”. Ora, la vicenda di Alma Shalabayeva è diversa. Ma una cosa è certa: la politica si sta comportando esattamente come allora. L’episodio Kappler rappresentò uno smacco mortificante alle forze dell’ordine e ai servizi di sicurezza. Quello kazako la totale mancanza di responsabilità morale e istituzionale del ministro Alfano.