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 2013  luglio 19 Venerdì calendario

ATTENTO, LUPO!


I predatori sono tornati. Dopo anni di persecuzioni e di stermini, l’atteggiamento verso orsi e lupi sembra essere cambiato, e finalmente c’è chi li vede come tessere importanti del nostro ecosistema, anche se l’Italia è ancora lontana dal diventare un paradiso per bestie feroci.
L’aumento del numero dei due predatori è dovuto al ritorno delle foreste, oltre che alla protezione legale (il lupo è protetto dal 1971, l’orso addirittura dal 1939). Negli ultimi 25-30 anni, infatti, l’abbandono della montagna e delle attività agro-silvo-pastorali ha portato a un allargamento del 19% della superficie selvaggia. Sono così aumentati i luoghi in cui cervi, caprioli e cinghiali (e i loro predatori lupi e orsi) possono trovare riparo. Ora le montagne italiane ospitano tra i 600 e gli 800 lupi, e circa 90 orsi. Ma non mancano nuovi ostacoli.

A VOLTE RITORNANO. Siamo a un buon punto, considerando che negli anni Settanta il lupo in Italia era ridotto a un centinaio di individui rifugiati nei valloni più impervi del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e, forse, in alcuni boschi al Sud Italia.
Gli orsi erano messi ancora peggio. Erano ridotti a pochi esemplari in due popolazioni lontane: una in Abruzzo e nelle zone vicine e un’altra nel Trentino Occidentale. Per quello che riguarda i lupi, l’areale (ovvero, la zona di presenza) della specie si è allargato: la popolazione appenninica ha conquistato le Alpi, ricollegandosi ad altre, come quella slovena. «È stato trovato Dna di lupi appenninici in Austria e di lupi balcanici in provincia di Brescia» dice Mauro Belardi, del Wwf Italia, che segue da anni il ritorno del lupo e la reintroduzione dell’orso sulle Alpi. Non solo. Un lupo investito poco tempo fa nel Parco del Ticino ha il Dna di quelli appenninici, e ciò significa che ha attraversato due fiumi (Po e Ticino). «È un successo della politica di conservazione» dice Dario Furlanetto, direttore del Parco dell’Adamello, in Lombardia ed ex direttore del Parco del Ticino lombardo.
L’altro grande predatore, l’orso, ha avuto bisogno dell’aiuto dell’uomo per tornare a popolare almeno le Alpi. «In Abruzzo, in base a una stima di popolazione che abbiamo fatto di recente sulla base di complessi calcoli genetici, gli orsi sono una cinquantina» dice Paolo Ciucci, ricercatore all’Università La Sapienza di Roma. «La loro salute è buona. Non hanno un’alta variabilità genetica (potrebbero quindi essere più "fragili" di altre popolazioni, ndr) ma non sembra ci siano grossi problemi di salute». Piccoli nuclei di orsi, oltre che nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, sono presenti anche in parchi e zone protette vicine. Gli orsi del Trentino derivano invece in gran parte da ripopolamenti con animali sloveni, che «hanno ricreato una popolazione di circa 45 animali, collegati debolmente con il resto delle Alpi» aggiunge Belardi. Chi si sposta sono i maschi giovani. Un elemento che ha aiutato i lupi a sopravvivere meglio degli orsi è la loro biologia: vivono e cacciano in branco, e hanno una dieta molto varia. Si va dai piccoli mammiferi ai cervi, ai cinghiali, fino al cibo che si trova nelle discariche.
L’orso invece è un animale solitario, e solo quando l’orsa partorisce si possono vedere più esemplari insieme. Il plantigrado è anche molto più esigente del lupo in fatto di ambiente, e preferisce luoghi selvaggi, soprattutto per il periodo di letargo.

ATTENTATI. Come è ovvio, ecologi e ambientalisti salutano il ritorno di questi animali, ma ci sono amministratori locali e abitanti che fanno di tutto per tenerli lontani. Gli ultimi episodi riguardano la protesta contro il tentativo di ricollocare un orso che si aggirava sul Monte Baldo, in Veneto, o le polpette avvelenate trovate in una riserva integrale nel Parco d’Abruzzo, piazzate con il preciso scopo di eliminare il plantigrado.
Eppure la convivenza del lupo e dell’orso con l’uomo ha decine di migliaia di anni (tanto che un discendente del primo, il cane, è accanto a noi). Da dove nasce l’ostilità, quindi? Le prove della loro pericolosità, specie in questi anni, sono ben poche; forse la loro immagine è stata rovinata dalla cattiva stampa, diffusa sotto forma di favole, racconti del terrore e copertine della Domenica del Corriere.

CONFLITTO DI INTERESSI. Il cuore del problema è sul piano economico. I lupi assalgono e mangiano pecore e mucche al pascolo, gli orsi distruggono alveari, frutteti e occasionalmente mangiano un asino o una gallina. È poi chiaro che, se ci sono 800 lupi e meno di 100 orsi, i primi fanno ovviamente molti più danni. Anche se paradossalmente i mezzi di comunicazione parlano più di orsi che di lupi: «Forse perché l’orso, più del lupo, è un animale totemico e importantissimo per le antiche culture locali. Sfatiamo però la leggenda che sia un gigante aggressivo e pericoloso» continua Furlanetto. «È pigro e meno attivo del lupo, e oltretutto i danni che fa sono decisamente inferiori a quelli, per esempio, dei cinghiali. Che però hanno un fortissimo interesse venatorio: sono prede per i cacciatori, e forse per questo non si parla mai di loro come danneggiatori di proprietà».
Sono quindi paure immotivate, quelle delle comunità locali verso i predatori? «No. Lupi e orsi sono grossi e forti, non sono animaletti da compagnia» dice Belardi. «Ma ci sono i modi per arrivare a una buona convivenza». Come? Gli indennizzi economici sono l’arma oggi più efficace. Secondo Alberto Meriggi, zoologo dell’Università di Pavia, in Liguria fino al 2012 gli indennizzi per danni da lupo sono arrivati a circa 147.000 euro.
Oltre ai rimborsi («che però non ripagano dell’aspetto affettivo, come l’uccisione dell’asino con cui si è convissuto» aggiunge Furlanetto) ci sono poi i mezzi di difesa attiva, come i cani che tengono lontani i predatori o i recinti elettrificati dove riparare pecore, capre o gruppi di alveari. O ancora, si possono creare meleti ad hoc per gli orsi, com’è avvenuto nel Parco d’Abruzzo. Attratti dalla frutta, evitano di assaltare pollai e alveari. «Anche la struttura degli allevamenti è importante» dice ancora Meriggi «perché i lupi assalgono di preferenza i vitelli; se questi sono nelle stalle e non all’aperto, i problemi diminuiscono.
I lupi inoltre preferiscono prede selvatiche come cervi o cinghiali, se ci sono».

CORRIDOI PER LA SALVEZZA. Un’altra soluzione sarebbe far uscire gli animali da ambiti ristretti, come i parchi, attraverso la creazione di corridoi ecologici, cioè vie di passaggio naturali, che seguano per esempio i fiumi e possano collegare le diverse popolazioni di orsi (il lupo riesce a farlo comunque) senza che invadano territori abitati. La creazione di queste vie preferenziali consentirebbe uno scambio tra gli orsi del Trentino e quelli sloveni e austriaci, per esempio, rendendo anche le popolazioni geneticamente più forti.
Ma il vero intervento va fatto sugli uomini. «Il grosso lavoro, qui e altrove, consiste soprattutto nel sensibilizzare le comunità alla presenza dei predatori» ammette Ciucci. «Dove non sono state fatte campagne di informazione, questi animali hanno più problemi a tornare».
Marco Ferrari