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 2013  luglio 19 Venerdì calendario

L’ITALIA IN VENDITA CALCOLO DI COSTI E BENEFICI - Alcuni giorni fa lei ha risposto a un lettore che anche l’Italia fa acquisizioni all’estero

L’ITALIA IN VENDITA CALCOLO DI COSTI E BENEFICI - Alcuni giorni fa lei ha risposto a un lettore che anche l’Italia fa acquisizioni all’estero. Ciò non mi risulta vero, almeno per la Francia (che continua a fare shopping in Italia). Direi piuttosto che le acquisizioni italiane sono inesistenti, forse perché siamo stati scottati in un passato quando furono bloccati: De Benedetti con la Générale de Belgique, Berlusconi con La Cinq, le Generali con Les Assurances du Midi. Allora presto Italia colonia estera? Luciano Sgarbi luciano.sgarbi@sfr.fr Caro Sgarbi, ricorda le banche dell’Europa centro-orientale acquisite da Intesa San Paolo e Unicredit? Il distretto industriale italiano in Romania? Le iniziative industriali della Fiat in Polonia e in Serbia? La presenza di Merloni in Polonia e Cina? Cito a caso, senza pretendere di fornirle un elenco completo, e aggiungo soltanto che le Assicurazioni Generali hanno comperato recentemente il 25% di Gpk (una iniziativa congiunta con un gruppo assicurativo ceco) per la somma di un miliardo e 286 milioni di euro, e si preparano a completare l’acquisto entro il 2014. Il compiacimento ottimistico, quando si parla della situazione economica italiana, è fuori luogo. Ma esiste anche un compiacimento pessimistico che tende a creare una immagine distorta e frustrante del Paese. Il vero problema, d’altro canto, non è l’occasionale acquisto straniero di un’azienda italiana, ma la constatazione che gli investimenti stranieri in Italia sono considerevolmente inferiori a quelli presenti nelle maggiori democrazie industriali europee e stanno diminuendo più rapidamente di quanto accada altrove. Il governo sembra esserne consapevole e ha lanciato recentemente una campagna per invertire la tendenza. Possiamo chiedere maggiori investimenti e versare lacrime ogniqualvolta un vecchio marchio italiano viene comperato da gruppi francesi o svizzeri? Dovremmo piuttosto chiederci perché gli investimenti stranieri siano pochi e rari. La prima ragione, naturalmente, è la crisi. I consumi diminuiscono, il credito fornito dalle banche è insufficiente e costoso e l’euro è sopravalutato. Molte piccole e medie aziende sono in difficoltà, si sentono responsabili della sorte dei loro dipendenti e accettano volentieri l’offerta di un gruppo straniero, soprattutto se l’acquirente, come accade generalmente per le aziende comperate dalla Lvmh di Bernard Arnault, e disposto a lasciare che l’azienda continui a essere gestita dai suoi vecchi proprietari. Ma esiste anche una seconda ragione, molto italiana. Gli imprenditori del lusso, del design, della moda e della gastronomia hanno una cultura artigianale, una struttura famigliare, una mentalità individualista e una certa riluttanza a fare il salto di dimensioni che è spesso, nella vita delle aziende, un passaggio obbligato. Accade così frequentemente che la sorte e la fortuna di queste aziende dipendano dalla composizione della famiglia, dalla vocazione degli eredi del fondatore, dal passaggio della gestione da una generazione all’altra. In altre parole, caro Sgarbi, abbiamo i vizi delle nostre virtù. Sergio Romano