Barbara Morra, la Stampa 19/7/2013, 19 luglio 2013
ASSOLTO NEL 2013 ERA MORTO NEL 2011 L’ONESTO CONTABILE 37 ANNI SOTTO ACCUSA
Giovanni Battista Tarasco, come direttore dell’Ufficio postale, doveva far quadrare i conti, sapeva che ogni ammanco in cassa sarebbe stato controllato e sanzionato a diversi livelli, su su fino alla Corte dei Conti. Oltre che specchiatamente onesto, lo descrivono come un contabile preciso al punto da rasentare la maniacalità. Non poteva, però, prevedere che quel giorno, il 15 maggio 1976, due uomini avrebbero assaltato l’auto portavalori di un collega. Pensioni sociali e di invalidità per tre milioni e mezzo di lire erano svanite in un attimo e non erano state mai più ritrovate. Tarasco allora aveva 40 anni. Era anche sindaco del paese di cui dirigeva le Poste, Santo Stefano Roero, poche anime alle porte delle Langhe, in provincia di Cuneo.
Oggi Battista potrebbe tirare un respiro di sollievo. Dopo 37 anni la Corte dei Conti ha deciso che non è responsabile dell’ammanco (di una cifra pari a 1.815 euro di oggi) che si verificò in quella primavera del 1976. Per come era, si sarebbe sentito sollevato dalla chiusura della vicenda giudiziaria, anche dopo così tanto tempo. Ma è morto prima, il 26 febbraio 2011. Lo ha chiarito una voce flebile al telefono. L’anziana moglie, Mirella: «Purtroppo non c’è più, ma la ricordo bene quella rapina. Venne addirittura il maresciallo dei carabinieri a casa nostra!».
A fine 1976 – come il buon contabile aveva previsto - risultò che dalle casse mancavano 3 milioni 513 mila e 840 lire, una cifra consistente per l’epoca. Considerando gli indici di rivalutazione, oggi corrisponderebbe a quasi 16 mila euro.
Un mese fa, il 12 giugno 2013, tre giudici della Sezione giurisdizionale per il Piemonte della Corte dei Conti hanno ufficialmente e definitivamente discolpato (in termini tecnici «discaricato») dalla responsabilità contabile Giovanni Battista perché «risulta dagli atti del fascicolo processuale che la passività è derivata a causa di una rapina a mano armata, avvenuta il 15 maggio 1976 ai danni del prefato Ufficio postale, ad opera di ignoti malviventi».
La vedova: «Con il maresciallo avevano fatto il giro del paese per capire da dove arrivavano quei rapinatori, se gli veniva in mente qualcuno o qualcosa. C’ero anche io, si era guardato nelle osterie per rintracciare facce sospette». Le cronache di allora de «La Stampa» riportano di un assalto al bivio che porta a Monteu Roero: il postino Carlo Sibona doveva caricare sulla Fiat 500 i sacchi arrivati con il pullman da Cuneo e Torino. C’era anche il denaro per pagare le pensioni della previdenza sociale e di invalidità. Sulla strada del ritorno una Mini Minor verde spinse l’auto a bordo strada. In due con passamontagna e pistole si fecero consegnare i soldi. Nonostante i posti di blocco dei carabinieri vennero mai individuati.
Il fatto aveva scatenato una serie di reazioni che a Tarasco, come sindaco e come direttore delle Poste, avevano causato ansie tali da compromettere la salute. Si era aperto il processo penale e il portalettere di Santo Stefano Roero, choccato, non voleva più andare a prelevare i sacchi.
«E neppure Battista stava bene – ricorda Mirella -, era sempre in ansia e respirava male. Presi un appuntamento da un bravo cardiologo di Alba cui chiesi di non menzionare la rapina a meno che non ne avesse parlato lui per primo. Gli trovò una fibrillazione atriale».
Nella sentenza del mese scorso della Corte si dà atto della presenza, all’udienza, dei magistrati, del pubblico ministero e della delegata dell’ufficio legale di Poste italiane spa. L’assenza di Tarasco è liquidata con un burocratico «Non rappresentato l’agente contabile».
Lo stesso collegio di giudici si è occupato, nelle scorse settimane, di altri cinque casi come quello del sindaco di Santo Stefano. A processo erano tutti suoi colleghi della provincia di Cuneo e tutti sono stati assolti da ammanchi perché legati a rapine. C’è Leo Marengo che risulta vivere ancora a Beinette dove ci sono le Poste per cui ha lavorato: la rapina che portò via dai conti circa 700 mila lire risale al 9 novembre 1974. Anna Maria Comba che lavorava nel piccolo ufficio postale di Valgrana, in montagna: oltre due milioni di lire rapinati ad aprile dell’81. Giovanni Corazza a Polonghera. Oggi, pensionato, abita a Savigliano, anche la moglie che risponde al telefono, si ricorda della rapina di 32 anni fa. Pietro Marone era alle Poste di frazione Mussotto di Alba, dove i rapinatori portarono via cinque milioni di lire nell’85. Giovanna Imberti assistette a due rapine «a mano armata» nell’ufficio di Murello vicino a Saluzzo.
Il magistrato della procura regionale che una gentile operatrice della Corte dei Conti ci ha passato al telefono, non si è scomposto alla domanda del perché questi processi sono durati tanto. Dipende dal fatto che ci sono state delle rapine per cui non sono stati individuati i responsabili, chiarisce. La giustizia penale ha dovuto fare il suo corso e i colleghi della magistratura ordinaria archiviare i fascicoli di indagine contro ignoti. «Alcuni lavoreranno ancora per le Poste», ha azzardato. Gli abbiamo fatto notare che si tratta di 40 anni fa e qualcuno potrebbe non esserci più. «Non è possibile – la risposta – la morte è causa di estinzione del reato, non avremmo fatto il processo».