Roberto Giardina, ItaliaOggi 19/7/2013, 19 luglio 2013
LO PSICANALISTA DELLE AZIENDE
Le squadre di calcio lo avevano già scoperto. Se le cose vanno male, e nessuno capisce il perché, si chiama uno psicoanalista da spogliatoio. Forse se il pallone finisce sempre contro i pali è colpa di un trauma infantile. E il portiere che fa autogol avrà un complesso edipico non risolto.
Anche le grandi aziende in Germania ricorrono alla psicoanalisi per risolvere i problemi dei manager e dei dipendenti. Le loro crisi esistenziali possono mettere in pericolo il profitto.
Lo specialista più richiesto è il dottor Hansjörg Becker, a disposizione dei clienti, anzi pazienti, 24 ore su 24. «Spesso mi chiamano in piena notte, e devo rispondere», ha raccontato alla Frankfurter Allgemeine, «magari il giorno dopo è in programma l’assemblea degli azionisti, e non c’è tempo da perdere». Il grande dirigente è preso dal panico. Se non interviene Becker, potrà compiere un errore, lasciarsi sfuggire una parola sbagliata, e provocherà un crollo delle azioni.
Una volta l’ha chiamato un dirigente finanziario, sui 40 anni. «Ho paura che salti tutto fuori», si è confidato. Non aveva paura che venissero scoperti i suoi trucchi in bilancio, le manipolazioni, o gli errori. «No, gli spiegò, i miei collaboratori vengono da me per chiedere consiglio. Sono il loro referente, ed io invece non so semplicemente cosa fare. Hanno fiducia in me, e io fingo sicurezza». Uno stress che molti non riescono a reggere a lungo.
Becker, 64 anni, è cresciuto al Sud, sul lago di Costanza, ha dapprima studiato germanistica e storia, poi è passato a medicina ed è diventato psicoterapeuta. A 40 anni aprì uno studio a Francoforte, la città delle banche, e si specializzò nello stress sul posto di lavoro. Adesso ha oltre 80 dipendenti, tra cui psicologici, medici, avvocati e sociologi. Tra i clienti annovera la Continental, la Henkel, la Procter & Gamble, tanto per fare degli esempi. In tutto ricorrono a lui 43 aziende, tra cui alcune dell’indice Dax alla borsa di Francoforte, per complessivi 140mila dipendenti. Non si paga un tanto a visita o a paziente: l’azienda sottoscrive una specie di abbonamento a forfait, da 20 mila a 30 mila euro all’anno per ogni mille dipendenti. In media dal 3 al 5% degli assicurati ricorre poi alle cure del terapeuta.
Un tedesco su cinque lamenta eccessivo stress, che è diventato una sorta di malattia sociale. Burn out, il totale esaurimento, è un termine conosciuto dalle casalinghe e dagli studenti liceali. Il 40% dei tedeschi lamenta lo stress eccessivo sul posto di lavoro, e le giornate di malattia a causa dell’esaurimento sono aumentate in dieci anni del 1.400%.
Troppo stress in azienda significa un aumento dei costi del personale, e un alto rischio per la produzione. Chi vuol farsi curare a spese della mutua, o anche privatamente, deve aspettare anche sei mesi per ottenere un appuntamento. Gli specialisti rischiano, a loro volta, di essere stressati per eccesso di lavoro.
Chi ricorre a Becker e alla sua squadra sarà ricevuto invece al massimo entro una settimana: «La velocità è essenziale», ha detto, «bisogna intervenire appena si manifestano i primi sintomi di esaurimento, dopo è più difficile uscire dal tunnel». Un normale funzionario potrà andare in malattia e venire sostituito da un collega. Un manager no, e negherà di avere problemi perché teme per la carriera. Non può dire semplicemente: non ce la faccio più. Nel 2002, Becker intervenne anche in un evento drammatico: i terroristi ceceni avevano preso d’assalto un teatro a Mosca, e tra gli spettatori si trovavano sei dipendenti di una grande impresa chimica tedesca.
Gli specialisti di Becker furono spediti a Mosca, senza visto, e per due giorni assistettero i 30 dipendenti della filiale tedesca, in angoscia per i colleghi in mano dei terroristi. Ci furono 130 vittime, i tedeschi rimasero illesi, ma sotto shock. Per due anni, Becker continuò ad assisterli e oggi nessuno lamenta ancora effetti negativi.
L’assistenza è riservata a chi lamenta problemi a causa dello stress aziendale? No, assicura, non si può distinguere tra vita privata e professionale. Chi ha un figlio che beve o si droga potrà compiere una mossa sbagliata in ufficio, o, al contrario, se il bilancio va in rosso, magari litiga con la moglie, rischia il divorzio, e diventa un manager inaffidabile.