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 2013  luglio 17 Mercoledì calendario

LA RELAZIONE DI PANSA CHE SCAGIONA IL MINISTERO

Pubblichiamo ampi stralci della relazione che il capo del­la Polizia Alessandro Pansa ha inviato al ministro dell’In­terno Angelino Alfano e che il titolare del Viminale ha letto ieri in Parlamento.
Le ricerche del latitante ka­zako Ablyazov Mukhtar hanno preso l’avvio nel territorio nazionale il 28 maggio su input dell’ambasciatore Adrian Yelemessov. Il processo messo in moto da questa infor­mazione si esaurisce in una fase operativa di polizia giudiziaria consistente in due perquisizioni nella villa di Casal Palocco, indi­cata come nascondiglio del lati­tante, nel sequestro di denaro, di materiale elettronico e di un pas­saporto, nella denuncia per il rea­to d­i falso a carico di Alma Shala­bayeva, senza che il Mukhtar fos­se rintracciato. Dall’operazione di polizia giudiziaria scaturisce poi un proce­dimento di natura amministrati­va relativo all’espulsione della moglie del latitante. (...) In primo luogo, va ribadito che, in nessu­na fase della vicenda, fino al mo­mento dell’esecuzione dell’espulsione con la partenza del­la donna con la bambina, i funzio­nari italiani hanno avuto notizia alcuna sul fatto che Ablyazov, marito della cittadina kazaka espulsa, fosse un dissidente poli­tico fuggito dal Kazakistan e non un pericoloso ricercato in più Pa­esi per reati comuni.
In nessun momento è perve­nuta­o è stata individuata negli ar­chivi di polizia informazione che rilevasse lo status di rifugiato del­lo stesso Ablyazov. Anzi, la docu­mentazione fornita dall’amba­sciatore kazako, diplomatico uffi­cialmente accreditato presso il governo italiano, lo segnalava co­me elemento collegato alla crimi­nalità organizzata e, addirittura, al terrorismo internazionale.
In secondo luogo, va eviden­ziato che, nel corso dell’intera istruttoria e dalla consultazione di tutta la documentazione forni­ta, non risulta che Shalabayeva Alma o i suoi difensori abbiano mai presentato o annunciato do­manda di asilo, pur avendone la possibilità. Né è risultato che la ci­tata cittadina kazaka abbia mo­strato o affermato di possedere un permesso di soggiorno rila­sciato da Paesi Schengen, cosa che hanno fatto i difensori solo in sede di ricorso contro il provvedi­mento. Al riguardo, è opportuno evidenziare che quando per la prima volta Shalabayeva Alma viene condotta presso l’ufficio immigrazione, cioè la mattina del 29 di maggio, essa era in com­pagnia del cognato che all’atto della verifica della sua condizio­ne di straniero in Italia affermava di essere titolare di un permesso di soggiorno lettone, quindi rila­sciato da Paese Schengen. Nella circostanza veniva verificata la fondatezza della affermazione e lo straniero veniva rilasciato: il tutto accadeva alla presenza del­la signora Shalabayeva Alma, che avrebbe potuto anch’essa ri­vendicare la titolarità di analogo documento.
Per inciso, va rilevato che risul­tano infondat­e le affermazioni ri­portate dagli organi di stampa se­condo le quali il citato Seraliyev Bolat sarebbe stato percosso durante l’irruzione riportando feri­te al volto. (...) La mattina del giorno 28 mag­gio l’ambasciatore kazako a Roma Adrian Yelemessov, cerca di contattare inutilmente il ministro dell’Interno. Nella stessa giornata il predetto diplomatico si reca presso la Questura di Ro­ma- squadra mobile, dove forni­sce le indicazioni necessarie per la cattura del latitante kazako Abl­yazov Mukhtar, sottolineando­ne la pericolosità. La sera dello stesso 28 maggio l’ambasciatore fornisce le medesime informa­zioni al capo di gabinetto del mi­nistro dell’Interno ed al prefetto Alessandro Valeri (...).
L’attivazione duplice delle ri­cerche del latitante da parte dell’ambasciatore kazako avrà esito negativo e dallo stesso prefetto Valeri verrà data comunicazio­ne al gabinetto del ministro del­l’Interno. A quel momento, co­me peraltro nei giorni successivi, neanche era sorto il dubbio che il ricercato fosse un oppositore po­litico del governo kazako e che potesse essere oggetto di ritorsio­ni. La vicenda che attiene al trat­tenimento e all’allontanamento dal territorio nazionale di Shala­bayeva-Alma sembra aver assun­to una dimensione rilevante per le autorità diplomatiche kazake (...) fino a giungere a mettere a di­sposizione un volo privato dedi­cato al trasporto delle due cittadi­ne kazake, da Roma ad Astana, capitale del Kazakistan. Il citato funzionario, primo dirigente del­la Polizia di Stato, dottor Mauri­zio Improta, ha dichiarato (...) di non aver informato nessuno dei suoi superiori del volo diretto per l’allontanamento della don­na. (...) Il consigliere Khassen eb­be a dirmi che probabilmente, entro qualche giorno, ci sarebbe stato un volo diretto da Ciampi­no. Lo stesso raccomandava massima cautela perché nel cam­bio di aereo a Mosca ci sarebbe stato il rischio che uomini arma­ti, pagati dal marito latitante, avrebbero potuto tentare la liberazione della donna. D’altra par­te gli alert sulla pericolosità del soggetto rendevano plausibile ta­le affermazione. Non diedi segui­to alla richiesta, essendo necessa­ria la convalida e l’acquisizione dei lasciapassare. (...) Dopo ave­re acquisito gli ulteriori nulla osta,incaricavo l’assistente Lau­ra Scipioni di portare i lasciapas­sare a Ponte Galeria e insieme al personale che parla la lingua rus­sa di accompagnare la signora a Ciampino. Nella circostanza, stante le precedenti segnalazio­ni, chiedo alla squadra mobile e alla Digos, nelle persone dei diri­gen­ti di coadiuvare ai fini della si­curezza, con il proprio persona­le, il trasporto all’aeroporto della Shalabayeva. Non mi risulta che la donna abbia rappresentato al­l’assistente Laura Scipioni, che parla inglese correttamente, la volontà di chiedere asilo. Non mi risulta che abbia rivolto analoga richiesta all’altro personale, compreso quello che parla la lin­gua russa. In aeroporto la donna e la sua bambina vengono conse­gnate, precisamente sotto la sca­letta del citato aereo, al console kazako e all’altro diplomatico.In effetti, la consegna alle autorità consolari, invece di avvenire alla discesa dell’aereo in Astana è sta­ta effettuata, sempre alle autori­tà consolari, in partenza da Ro­ma. Non ho comunicato preven­tivamente ai miei superiori l’uso del volo Roma-Astana, non aven­do alcun­a possibilità di compren­dere che fosse stato l’aeromobile noleggiato appositamente per l’occasione. Non mandando il personale in missione per la scor­ta della donna non av­evo necessi­tà di chiedere ulteriore autorizzazione.
Va anche detto che le richieste formulate dalla Shalabayeva Al­ma sulla volontà di essere espul­sa verso la Repubblica Centro Africana difficilmente potevano essere accolte, se si considera che si tratta di un Paese per il quale l’Unhcr sconsiglia i rimpatri forzati. (...) È evidente che non tutte le in­formazioni sono state portate a conoscenza del ministro in quan­to sono preventivam­ente selezio­nate in ordine di importanza e ri­levanza. Per quanto concerne le espulsioni(...) è evidente che nel­la prassi non esisteva obbligo di informazione al ministro (...).
È mancata in quel momento però l’attenzione ad una verifica puntuale e completa su tutto il rapporto innescato dalle autori­tà diplomatiche kazake che, avendo coinvolto direttamente il gabinetto del ministro, avreb­bero dovuto essere seguite in tut­te le fasi del loro rapporto con gli organismi territoriali a cui è de­mandata la mera operatività.
Non è stata seguita per niente dal Dipartimento della pubblica sicurezza la fase relativa al­l’espulsione della moglie del ri­cercato a cui gli organi territoriali hanno attribuito un mero valore di ordinarietà burocratica (...).
Il punto nodale della ricostru­zione quindi è comprendere per­ché si sia fermato il flusso infor­mativo. (...) In effetti, il questore di Roma, sentito dallo scrivente nell’ambito della disposta in­chiesta amministrativa, afferma di non avere dato direttamente informazione al Dipartimento nelle varie fasi dell’attività svolta dai suoi uffici, perché consapevo­le che lo stesso Dipartimento fos­se direttamente informato dagli stessi uffici della questura.
(...) Dagli atti assunti si ha preci­sa informazione della correttez­za del flusso informativo sino a quando si acclara l’esito negati­vo delle ricerche di Ablyazov. Per quanto riguarda le fasi successi­ve, il prefetto Valeri ha memoria solo delle informazioni relative alla fase di Polizia giudiziaria, ma non ricorda quando ha appreso dell’espulsione della donna e del­le mod­alità esecutive dell’espul­sione stessa.
Il dirigente dell’ufficio Immi­grazione, che ha mantenuto i rap­porti con gli organi investigativi territoriali (Squadra mobile e Digos), non ha attivato canali au­tonomi di informazione né nei confronti del questore né del Dipartimento della pubblica sicu­rezza, non avendo percepito la straordinarietà delle modalità con cui l’espulsione è stata ese­guita.
In termini conclusivi, emerge che il Dipartimento della pubbli­ca sicurezza non h­a seguito in tut­te le sue fasi il processo stimolato dalle autorità diplomatiche ka­zake, che avrebbero voluto inve­stirne direttamente il ministro ma che erano riuscite a raggiun­gere solo il suo capo di gabinetto.
Lo stesso Dipartimento della pubblica sicurezza ha seguito l’evolversi delle iniziative dei di­plomatici kazaki solo fino ad un certo punto, come se dovesse ri­spondere al gabinetto del mini­stro solo relativamente all’even­tuale cattura del latitante e non dell’insieme dell’operazione.