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 2013  luglio 17 Mercoledì calendario

COPPINI

& GHEDOPPI -
Ci son voluti dieci anni, ma alla fine ci è arrivato anche l’avvocatissimo Franco Coppi: “Personalmente ritengo che la prescrizione sia una sconfitta non solo per la giustizia, ma anche per l’avvocato che crede di poter dimostrare l’innocenza del cliente”. Posizione apprezzabile: prescrizione non è assoluzione, anzi l’esatto contrario. Specie se arriva in appello dopo una condanna di primo grado e tantopiù se arriva in Cassazione dopo una condanna in primo grado e una in appello; e a maggior ragione se consegue alle attenuanti generiche che ne dimezzano i termini. Varie sentenze della Consulta e della Cassazione confermano che la prescrizione a dibattimento non è una dichiarazione di tempo scaduto senza vincitori né vinti, come la spacciano molti politici e giornalisti al seguito: è un’affermazione di responsabilità penale, anche perché l’imputato, se ne emerge l’innocenza, va assolto e non prescritto. Resta allora da capire se Coppi sia lo stesso che difendeva Giulio Andreotti nel processo di Palermo per associazione per delinquere con la mafia. Proprio dieci anni fa, il 3 maggio 2003, la Corte d’appello dichiarava il senatore colpevole del “reato commesso fino alla primavera del 1980”, caduto in prescrizione appena tre mesi prima della fine del secondo grado. Eppure quel Coppi dichiarò “grazie a Dio è finita”, mentre il suo braccio destro Giulia Bongiorno ripeteva a macchinetta “assolto assolto assolto”. La scenetta si ripetè quando la Cassazione confermò in pieno il verdetto d’appello. Non sapeva l’Avvocatissimo che “la prescrizione è una sconfitta anche per l’avvocato che crede di poter dimostrare l’innocenza del cliente”? E perché, se teneva tanto a dimostrare l’innocenza del cliente, non gli consigliò di rinunciare alla prescrizione, visto che si trattava di un ex (sette volte) premier accusato di un reato così grave? Oggi che difende un altro ex (tre volte) premier ha cambiato idea. Meglio tardi che mai. Tant’è che ipotizza come “possibile” la rinuncia di B. alla prescrizione: “A Ghedini e a me l’idea non dispiace”.
Sarebbe, almeno per Ghedini, la prima volta, visto che finora le prescrizioni di B. (sette, per finanziamento illecito, frode fiscale, falso in bilancio e corruzione di Mills: quasi tutte frutto di leggi ad personam fatte o ispirate da Ghedini per conto di B.) le aveva sempre incassate con nonchalance. La stampa serva provvedeva poi a gabellarle per assoluzioni. Per ora comunque le chiacchiere stanno a zero. La rinuncia alla prescrizione la deve firmare l’imputato, cioè l’utilizzatore finale B. Il quale finora non ha fatto sapere nulla, e c’è da dubitare che lo faccia, visto che la rinuncia sarebbe irrevocabile e porterebbe il processo fino in fondo, anche in caso di annullamento della sentenza con rinvio a nuovo appello. Ma può darsi che l’eventuale coppizzazione di Ghedini produca effetti balsamici anche su B. In attesa di saperne di più, restano le bizzare frasi di Coppi dopo che la Cassazione assegnò l’udienza alla sezione feriale per il 30 luglio: “Sono esterrefatto, è un’anomalia, non c’era una sola ragione per questa urgenza che penalizza i diritti di difesa”. Frasi che fanno torto alla sapienza di Coppi: la sezione feriale esiste appunto per esaminare i processi con detenuti e quelli a rischio di prescrizione; e la legge prevede, per i processi urgenti, che il termine per la discussione si riduca dai 30 giorni canonici a 20. Ora, mezzo processo Mediaset, secondo i calcoli dei giudici, si prescrive il 1° agosto. Ma soprattutto non c’è alcuna lesione della difesa: Coppi il ricorso in Cassazione l’ha già depositato e non si vede quali tempi supplementari (di 10 giorni, poi) gli servano per discuterlo in aula, visto che saranno tutte questioni di diritto (e Coppi non ha certo bisogno di ripetizioni last minute) e solo quelle indicate nell’impugnazione. Urge dunque una retromarcia dell’Avvocatissimo: “Scusate, mi ero ghedinizzato un po’, ma è stato solo un attimo”.