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 2013  luglio 17 Mercoledì calendario

THEODORE REED, L’UOMO CHE RESE PIÙ UMANI GLI ZOO D’AMERICA

Ha smontato le gabbie per sostituirle con eco-vetrine verdeggianti, è stato il papà adottivo di specie in via d’estinzione e ha inaugurato la diplomazia zoologica tra Stati Uniti e Cina.

Theodore H. Reed, detto Ted, è morto all’età di 90 anni dopo aver dedicato tutta la sua vita agli animali e aver trasformato lo Zoo nazionale di Washington in un’attrazione internazionale, dove hanno trovato casa specie a rischio, come i due panda donati dalla Cina e una tigre bianca proveniente dall’India. Si è spento in una clinica di Milford, Delaware, il 2 luglio, per complicazioni fisiche dovute all’Alzheimer, come spiega Mark Reed, figlio d’arte ed attuale direttore del San Diego Zoo Global. «Papà - dice - è stato una figura fondamentale per il mondo degli zoo».

Alto, con una folta barba rossa e dall’aspetto sempre distinto, Reed aveva 34 anni quando prese in mano le redini dello zoo nazionale, che resse fino al 1983. Ted era un veterinario ed apparteneva a una famiglia di militari: sia il papà che il fratello morirono in prima linea. Anche lui sembrava destinato alle armi, ma la passione per gli animali e il destino cambiarono il corso della sua vita, portandolo allo zoo. Era il 1956, il parco della capitale, conosciuto come Smithsonian National Zoological Park, era una struttura modesta, e lui uno dei direttori più giovani del Paese, ma con grande fiuto e tanta ambizione, tali da trasformare il parco in un ecosistema all’avanguardia e in un laboratorio zoologico come pochi al mondo. Durante la metà degli anni Sessanta fonda il dipartimento di ricerca scientifica per studiare il comportamento degli animali, nel 1975 inaugura il «Conservation Biology Institute», pensato per condurre ricerche sulla evoluzione e sulla crescita di specie in via di estinzione e animali esotici. Ma ciò per cui si rese celebre, fu la «campagna acquisti» senza precedenti che ha iniziato a condurre circa un lustro dopo il suo insediamento alla dirigenza.

Nel 1960 approda nel parco di Washington, «Mohini», tigre bianca proveniente dall’India, la sola e unica presente a quei tempi in un parco degli Stati Uniti. Nel 1964 è la volta di due «Komodo dragons», ovvero due grandi varani, ceduti dal governo indonesiano. Ma il fiore all’occhiello della rinascita del National Zoo è l’arrivo di due panda, uno degli acquisti di cui Reed è stato più orgoglioso. I «mangiatori di bambù» hanno trovato da sempre ospitalità nei parchi zoologici americani, sin dagli anni Trenta sono presenti in quello del Bronx, a New York, e al Brookfield di Chicago. Nel 1972 arrivano nella capitale anche un maschio di nome Hsing-Hsing e una femmina chiamata Ling-Ling. Nei confronti dei due Ted sviluppa un affetto particolare, come non era mai accaduto con altri abitanti del parco, fino a quando la sua grande passione non diventa ossessione. Reed cerca in tutti i modi di agevolarne l’accoppiamento, che per questa specie è annuale, visto che le femmine di panda sono in calore solo una volta l’anno. Nel 1982, dopo anni di tentativi, Reed dichiara, tra stanchezza e ironia, di essere giunto all’amara conclusione che «diversamente dagli esseri umani, molti animali non si accoppieranno mai se non si attraggono». Ma a dispetto di quello che sembrava ormai un destino certo, i panda alla fine danno alla luce cinque cuccioli, nessuno dei quali però riesce a sopravvivere per più di pochi giorni. In una cosa Hsing e Ling riescono a centrare il segno, ovvero a rendere il caparbio veterinario dalla barba rossa il padre della «diplomazia zoologica». I due panda vengono infatti donati allo zoo dal governo cinese, come gesto di apertura dopo lo storico viaggio dell’allora presidente Richard Nixon nel Paese del Dragone, che scelse Washington perché la struttura era finanziata per lo più con i soldi dei contribuenti. In cambio Reed decide di sovrintendere al trasferimento di due bue muschiati «dai nomi assai poco rivoluzionari», come scrisse il Washington Post a quei tempi, ovvero Milton e Matilda, dallo zoo di San Francisco. I due animali tuttavia accusarono molto il cambio di clima e una volta in Oriente furono privati completamente del loro tipico manto. Reed diagnostica a Milton e Matilda la sindrome da «choc culturale», raccomandando ai colleghi cinesi la somministrazione di antibiotici e tanto affetto. Per molto tempi ne segue le cure lavorando a distanza con i veterinari d’oltreoceano. Ma c’è un episodio nella vita di Ted che ne segna l’esistenza e la carriera, ovvero l’uccisione da parte di un leone africano del suo zoo di una bimba di due anni, scivolata all’interno della gabbia. A guardare la ferocia con cui il re della foresta sbrana la piccola indifesa, capisce che qualcosa era sbagliato, ma non nella bestia, bensì nella gabbia.

È il 1958 e Reed, pionieristicamente, decide che era giunto il momento di rivoluzionare la concezione dello zoo, segando le sbarre e smontando le gabbie per sostituirle con «vetrine ecologiche aperte» ma sicure. Un modo, secondo il lungimirante veterinario, per abbattere le barriere architettoniche che accrescono la ferocia degli animali verso coloro che vedono come i propri «aguzzini». Creando così le basi per la nascita dei moderni bioparchi.