Mark Franchetti, la Stampa 17/7/2013, 17 luglio 2013
L’ANTI PUTIN: NON HO PAURA DELLA PRIGIONE
Domani Alexei Navalny, il più famoso leader dell’opposizione russa, andrà in treno da Mosca a Kirov, una sonnolenta cittadina 1000 chilometri a Nordest della capitale, dove è sotto processo con l’accusa di appropriazione indebita che i più credono abbia motivazioni politiche. Il giorno seguente sarà in tribunale per ascoltare il verdetto di un giudice che durante la sua carriera non ha mai emesso un giudizio di non colpevolezza.
«I l giorno fissato per la sentenza mi recherò in tribunale con una borsa di effetti personali, contenente i vestiti e gli oggetti di cui avrò bisogno in galera, per essere pronto al peggio», racconta Navalny in un’intervista nel suo ufficio di Mosca davanti a un computer portatile che ha decorato con un adesivo con la scritta «Putin ladro».
«Il processo è una farsa e chiunque abbia esaminato le prove può vedere che sono del tutto innocente, ma di certo sarò giudicato colpevole, perché è un giudizio politico. Non so quale sarà la sentenza. Potrebbe essere di cinque anni dietro le sbarre o di una sospensione condizionale della pena. Ma devo essere pronto alla prospettiva del carcere perché è una possibilità molto reale. Cerco di non pensarci. La verità è che io non sono diverso da tutti gli altri. Chiunque può essere incarcerato».
Carismatico avvocato anti-corruzione, Navalny, 37 anni, padre di due figli, è accusato di appropriazione indebita in un caso che è al centro della più diffusa operazione di repressione dell’opposizione da quando il presidente russo Vladimir Putin ha preso per la prima volta il potere tredici anni fa.
Parlando a pochi giorni dal verdetto, che arriverà già giovedì, Navalny ha detto di non avere dubbi sul fatto che sarà giudicato colpevole e che solo Putin deciderà se incarcerarlo o meno. Una pena detentiva innescherebbe una forte critica internazionale.
Il leader dell’opposizione, salito alla ribalta durante le manifestazioni di massa dell’autunno del 2011 contro il Cremlino, è accusato di essersi appropriato di legname di proprietà statale per 380 mila dollari a Kirov, dove quattro anni fa ha lavorato come consulente del governatore regionale. La maggior parte dei testi chiamati dall’accusa ha testimoniato a suo favore e a quasi tutti quelli della difesa è stato vietato di deporre.
Anche le vittime del presunto crimine negano di essere state derubate e diversi membri di spicco del Consiglio del Cremlino per i diritti umani all’inizio di quest’anno hanno firmato una dichiarazione a sostegno di Navalny descrivendo le accuse come «punizione per le sue attività politiche». I pubblici ministeri chiedono una condanna a sei anni di carcere.
Inoltre gli investigatori stanno istruendo un secondo processo contro l’attivista dell’opposizione e suo fratello, con accuse che comportano una pena fino a dieci anni. Navalny è candidato a sindaco di Mosca nelle elezioni di settembre e non ha fatto mistero di nutrire ambizioni presidenziali. Secondo la legge russa una condanna penale lo escluderebbe dai pubblici uffici.
«Questo processo serve a impedire la mia candidatura ma anche a inviare un messaggio forte a chiunque osi sfidare i clan di ladri che tengono in pugno a Russia», ha detto Navalny mentre un investigatore nell’ufficio a fianco stava sequestrando documenti relativi al secondo processo contro di lui. «Possiamo mettere in galera chiunque, non importa quanto scandalo susciterà. Siamo forti e ce ne infischiamo, ti prenderemo. E in questo sistema feudale, alla fine, un solo uomo impone la legge, Putin». Il processo è parte dell’implacabile campagna del Cremlino per mettere a tacere l’opposizione contro il governo di Putin dopo le molte settimane di raduni antigovernativi di massa dello scorso anno. La maggior parte dei principali esponenti dell’opposizione sono perseguitati per una serie di accuse politicamente motivate. Sono state approvate svariate leggi che limitano la libertà e giornalisti critici verso Putin, che l’anno scorso è tornato al Cremlino per un terzo mandato, sono stati licenziati. Il movimento di protesta di strada, che in un primo momento aveva raccolto le più grandi manifestazioni anti-governative in quasi vent’anni, è stato spazzato via.
Navalny più di ogni altra figura dell’opposizione ha scosso il Cremlino. A differenza di altri critici di Putin il suo attivismo va ben al di là della retorica infuocata. Negli ultimi tre anni ha sistematicamente cercato di mettere allo scoperto la corruzione e il malcostume nelle più alte sfere del potere russo. Utilizzando contributi indipendenti, registri di proprietà, numerose fonti pubbliche e denunce anonime, ha indagato aziende statali e potenti funzionari, denunciando beni nascosti e guadagni non dichiarati.
In un’appassionata dichiarazione al termine del processo Navalny ha detto: «I miei colleghi e io faremo del nostro meglio per distruggere lo stato feudale in atto in Russia, un sistema di governo in cui l’83% della ricchezza nazionale è posseduto dallo 0,5% della popolazione. Tale sistema deruba tutti noi e si annida come un ragno al Cremlino. Se qualcuno pensa che scapperò all’estero o mi darò alla macchia, non potrebbe sbagliare di più».
Alla domanda su come sta preparando la sua famiglia alla prospettiva della prigione Navalny ha scrollato le spalle. «Cerco di andare avanti e di non pensarci, altrimenti divento pazzo. Chi sa che cosa ha in serbo per me Putin. Certo, è spiacevole, ma non ho paura. Dico alla mia figlia dodicenne che il papà sta combattendo contro un gruppo di truffatori e che questi truffatori potrebbero mettere papà in prigione. Lei capisce».