Tommaso Montesano, Libero 17/7/2013, 17 luglio 2013
QUANDO PRODI E NAPOLITANO OMAGGIAVANO IL KAZAKISTAN
ROMA Quella missione alla guida di oltre 200 imprenditori capitanati da Luca Cordero di Montezemolo, allora presidente di Confindustria, Romano Prodi la cominciò con una battuta delle sue: «Caldi rapporti con il Kazakistan. Anche perché l’Italia stia al caldo...». È il 7 ottobre 2007 e il Professore è da un anno e mezzo tornato a Palazzo Chigi. In programma c’è la visita ufficiale, la seconda dopo quella effettuata nel 1997 al tempo del suo primo governo, al presidente Nursultan Nazarbayev. Obiettivo: spianare il terreno alle trattative fra Eni e la kazaka KazMunaiGas per Kashagan, il giacimento sul mar Caspio del nord. Non a caso ad accompagnare Prodi c’è Emma Bonino, all’epoca ministro del Commercio estero. Ovvero colei che ieri, da ministro degli Esteri, dopo aver nei giorni scorsi scaricato ogni responsabilità del forzato rimpatrio di Alma Shalabayeva sul Viminale, ha fatto sapere che convocherà alla Farnesina l’ambasciatore kazako per «ricevere adeguati chiarimenti».
CONSULENTI D’ORO
Un rapporto, quello tra il Professore e il regime di Astana, che stando all’edizione on line del settimanale tedesco Der Spiegel sarebbe proseguito anche dopo l’addio di Prodi a Palazzo Chigi. Lo scorso 13 marzo, infatti, sul sito della rivista è apparso un articolo che ricostruisce la rete di appoggi cui, nonostante le denunce delle organizzazioni dei diritti umani, in primis Amnesty International, continua a godere Nazarbayev. «Gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schroeder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwasniewski e l’ex ministro dell’Interno Otto Schily». Tutti esponenti, nei loro Paesi di appartenenza, «di partiti socialdemocratici».
Gusenbauer, Kwasniewski e Prodi, in particolare, per Der Spiegel sarebbero ufficialmente componenti del «comitato consultivo internazionale di Nazarbayev». E si sarebbero incontrati ad Astana l’ultima volta alla fine di febbraio. E non gratis, secondo il settimanale tedesco, visto che «ciascuno di loro riceve ogni anno compensi a sei zeri». Ad esempio Blair, a sentire la stampa britannica, riceverebbe un salario annuale di nove milioni di euro.
Nazarbayev va giustamente orgoglioso anche delle parole con le quali Giorgio Napolitano, il 5 novembre 2009, lo ha salutato al termine della visita al Quirinale. In quell’occasione il presidente della Repubblica lodò la proposta del suo omologo kazako, che si apprestava a presiedere l’Ocse, di convocare una riunione «a livello di vertice dei capi di Stato di tutti i Paesi aderenti». Idea «eccellente», disse Napolitano, «noi la appoggiamo. Non a caso questa proposta viene dal Kazakistan che è veramente esempio e specchio di tolleranza, di moderazione, di convivenza pacifica». Una descrizione del Paese asiatico che non coincide con quella tratteggiata da Amnesty International nell’ultimo rapporto, che accusa il Kazakistan di «uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza»; «tortura e altri maltrattamenti»; «processi iniqui» nonché l’adozione di leggi sospettate di «ridurre la libertà di parola».
GLI INVITI DI NICHI
Neanche Nichi Vendola, che pure oggi grida alla «vergogna» per il comportamento del governo sul caso Kazakistan al punto di chiedere le dimissioni di Angelino Alfano in nome dell’«igiene istituzionale», inorridiva alla prospettiva di fare affari con Astana. Nel dicembre 2011, infatti, il presidente della Regione Puglia festeggiò a Bari l’indipendenza del Kazakistan con l’allora ambasciatore Almaz Khamzayev. Il leader di Sel corteggiò in lungo e in largo il diplomatico: «Noi siamo terra in cui gli investimenti possono essere di grande giovamento per la loro economia e noi possiamo portare nel loro territorio una parte delle nostre eccellenze imprenditoriali. L’Italia è l’interlocutore assolutamente naturale per un’area come quella del Kazakistan».