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 2013  luglio 16 Martedì calendario

WHERE ARE YOU FROOME? I DUBBI SUL CICLISTA CHE NON C’ERA

MILANO Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. I fenomeni del ciclismo degli ultimi anni ce lo hanno insegnato, ormai dubitiamo di qualsiasi azione su una bicicletta. L’ultima è quella di Chris Froome, che sulla salita del Mont Ventoux ha dominato come in pochi hanno saputo fare.
Anzi, anche meglio di quei pochi. Basta guardare i dati dell’ascesa fino al traguardo della tappa del Tour di domenica. L’occhio è andato subito sul cronometro, e non serviva molto a capire che il 28enne britannico era salito al ritmo dei migliori. Per precisione, negli ultimi 15 km la maglia gialla ha fatto segnare il record, in 47’40, quasi un minuto meglio di quanto fatto da Lance Armstrong nel 2002. Per quanto riguarda l’intera salita, che ricordiamo essere una ascesa di 20,8 km con pendenza media del 7,5% per un totale di 1598 metri di dislivello, il ciclista del Team Sky l’ha scalata in 57’50 a 21,5 km/h di velocità, secondo soltanto a Marco Pantani che nel 1994 ci mise sedici secondi in meno. Froome si piazza secondo anche per quanto riguarda la VAM, cioè la velocità ascensionale media (1657, 1665 per Pantani), mentre per il capitolo potenza, il britannico ha fatto registrare 446 watt massimi, soltanto due in meno della coppia Armstrong- Ullrich nel 2003.
Tutti dati che fanno comprendere bene il valore dell’impresa dell’attuale leader della classifica generale del Tour (che oggi riparte con la sedicesima tappa con l’arrivo a Gap, dopo tre gran premi della montagna). Peccato solo che tutti i ciclisti nominati in queste poche righe siano stati coinvolti in fatti di doping. E un ciclista che fa meglio di atleti trovati almeno una volta positivi ad un controllo antidoping non può che far storcere il naso a molti. Soprattutto se parliamo di uno come Froome, che prima degli exploit con Wiggins allo scorso Tour de France aveva vinto soltanto quattro gare (dall’anno scorso sono invece otto) e che nei grandi giri era ricordato soprattutto per due episodi particolari al Giro d’Italia: nel 2009 in una tappa con arrivo a Bologna sul San Luca era salito sul tratto più duro a zig zag a 7 km/h, praticamente come un cicloturista della domenica, mentre nel 2010 era stato squalificato mentre saliva sul Mortirolo aggrappato alla sua ammiraglia. Questo comunque può anche non significare granché, visto che un atleta cambiando squadra, preparatori e tipologie di allenamento può cambiare radicalmente in un paio di stagioni, ma restano due eventi significativi.
Dalla sua c’è che le nostre e quelle di molti altri addetti ai lavori per ora sono soltanto supposizioni. Lui si difende: «È triste che si parli di doping il giorno dopo la vittoria più bella della mia carriera. Io e i miei compagni abbiamo passato settimane e settimane lontano da casa ad allenarci duramente. I miei risultati sono il frutto della mia determinazione, è stata durissima arrivare a questo livello. Io so che cosa ho fatto per arrivare dove sono, e ne sono fiero. Io non sono come Armstrong, che ha ingannato. Io non baro. Punto». Lo difende anche il suo avversario numero 1 in questo Tour, cioè Alberto Contador: «Sono convinto che Chris sia pulito». Lo difenderemmo anche noi, se solo i suoi colleghi non ci avessero abituato a pensare sempre male.