Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  luglio 17 Mercoledì calendario

RCS, ORA SI GUARDA AL NUOVO PATTO

I diritti sono stati rastrellati a piene mani in Borsa, d’altra parte per farne incetta bastavano appena 300 mila euro poi, però, quando è arrivato il momento di sottoscrivere quelle opzioni in molti si sono tirati indietro. Rcs ha comunicato ieri in serata che sono state sottoscritte poco più di 25 milioni di azioni ordinarie (erano 48 milioni quelle offerte in asta), pari al 7,78% dei titoli di nuova emissione. Diversamente tutti i diritti legati alle risparmio sono stati trasformati in azioni senza diritto di voto. L’esito è che, con l’intervento del consorzio di garanzia che si farà carico più o meno di 20 milioni di euro di inoptato, l’iniezione di liquidità si chiuderà con un incasso complessivo di 409,9 milioni. Una cifra che qualche mese fa in molti avrebbero additato come inarrivabile. A sorpresa così non è stato. Così come non è spuntato alcun nuovo socio forte nell’azionariato del gruppo editoriale e, a questo punto, per il futuro della società diventa cruciale l’assetto che i soci forti vorranno dare alla governance del gruppo.
Ma torniamo ai diritti, i segnali che la speculazione si fosse mossa non erano sfuggiti ad alcuni operatori di mercato che fin da subito hanno attribuito alla manovra di qualche hedge il rastrellamento delle opzioni. Ora qualcuno si chiede la ragione per cui quei diritti non siano stati integralmente convertiti. I motivi potrebbero essere fondamentalmente due, uno legato alla speculazione, l’altro a una manovra difensiva. In quest’ultimo caso, qualcuno potrebbe aver deciso di intervenire in modo attivo per evitare che una fetta delle opzioni finisse in mani indesiderate. D’altra parte, il costo di una simile mossa non era certo oneroso. Per togliere dal listino le opzioni poi non esercitate bastavano poco più di 100 mila euro. Altrettanto se si voleva tentare la strada della speculazione. Per esempio, chi ha acquistato 4 milioni di diritti ha speso 80 mila euro. Con quella cifra si assicurava 12 milioni di azioni Rcs a 1,235 euro a titolo. Il giorno dell’asta quegli stessi titoli hanno viaggiato per buona parte della seduta attorno a 1,3 euro per poi chiudere a 1,27 euro. In altre parole, i fondi di diritto estero avrebbero potuto vedere in quel gap un’opportunità di guadagno. Cosa che poi non si è verificata perché la discesa del titolo Rcs a 1,235 euro è stata più repentina del previsto.
A questo punto, la mappa dei soci sembra aver raggiunto, salvo sorprese dell’ultimo minuto, una forma definitiva: il primo azionista è la Fiat con il 20,5% per cento, seguita da Mediobanca col 15,4% (più l’accollo dovuto al consorzio di garanzia). Al terzo posto ma fuori dal patto, Diego Della Valle con una quota che sfiora il 9% (8,99%); seguirebbero quindi FonSai (5,6%), Pirelli (5,4%) e Intesa Sanpaolo (6,5%); la famiglia Pesenti (Italmobiliare) dovrebbe essere al 3,8%, gli eredi di Giuseppe Rotelli al 3,4%, Sinpar all’1,3%, Benetton (Edizione) all’1,2%, Mittel all’1,3%, Generali e Banco Popolare all’1%. Sotto la soglia dell’un per cento, ci dovrebbero essere Erfin (Bertazzoni) allo 0,9% e Merloni allo 0,5 per cento.
A questi soci toccherà ora decidere che fare rispetto alla prossima scadenza del patto. La riunione per discuterne si terrà a fine luglio. Ma allo stato le posizioni sembrano piuttosto distanti. La Fiat di John Elkann punterebbe a mantenere un’intesa, seppur leggera, che consenta di garantire la stabilità della società. Mediobanca è di tutt’altro avviso. Piazzetta Cuccia intende uscire dal patto e anche dall’azionariato Rcs. Da capire se all’istituto possa subentrare qualcun altro. Diego Della Valle non si è mai detto contrario a uno strumento di tipo consultivo. ogni opzione, in ogni caso, sembra ancora plausibile.