Guido Gentili, Il Sole 24 Ore 17/7/2013, 17 luglio 2013
QUELL’ITALIA CHE CRESCE «NONOSTANTE»
Nel mezzo del doppio caso - l’affaire kazako e la vicenda Calderoli-Kyenge - che mina la stabilità del governo Letta e mentre s’avvicina la sentenza della Cassazione sul processo Berlusconi Mediaset, l’esecutivo prova a stemperare le tensioni. L’Italia «non avrà bisogno di essere salvata», ha detto ieri il premier alla Bbc. La previdenza è «in sicurezza», ha spiegato il ministro Enrico Giovannini appena dopo che l’Inps ha presentato il bilancio in rosso del nuovo super-ente pubblico che copre circa il 90% delle pensioni pagate in in Italia (3 pensionati su 4 riscuotono meno di 1000 euro al mese), equivalente a una spesa pari al 15,9% del Pil. L’esercizio è oggettivamente difficile, al limite del temerario. Non bastasse il diffuso logorìo politico ecco il tambureggiamento dei numeri. Oggi il Bollettino della Banca d’Italia confermerà che il 2013 si avvia a chiudere con un Pil verso quota -2%. Mentre le sofferenze bancarie lorde salgono a 135,7 miliardi lordi, il debito pubblico segna a maggio l’ennesimo, inevitabile record: 2.074,6 miliardi ad apparente dispetto del rigorismo fiscale che, in realtà, non l’ha arginato. Dietro l’ormai famoso tetto del 3% del rapporto deficit/Pil, le previsioni sul 2013 e sul 2014 - rivelatesi come di consueto eccessivamente ottimistiche - vanno aggiornate. Per l’Italia che resta sorvegliata speciale sui mercati con uno spread ancora vicino a quota 300, si profilano insomma all’orizzonte settimane di passione e conti da far quadrare, a cominciare dalla scottante contabilità frutto dei rinvii Imu e Iva. L’eventualità di una manovra correttiva, negata con forza dal Governo, continua a volteggiare nell’aria e si rimanda alla predisposizione della legge di stabilità. Che di stabile ha al momento solo il nome, visto che sarà il corso reale dei numeri a determinarla, correzioni comprese. In un quadro del genere, il fatto che nel 2012 le esportazioni italiane siano cresciute del 3,7% conferma la vivacità di un Paese che pur tartassato oltre ogni limite, sfiancato dalla burocrazia e a corto di credito e di liquidità, non si è arreso. È vero che la quota di mercato dell’Italia sull’export mondiale di merci è pari al 2,74%, in flessione rispetto al 2,89% del 2011. E sono noti, nel complesso, i limiti (aziende troppo piccole e sottocapitalizzate, spesso in deficit manageriale, troppo dipendenti dal credito bancario) del capitalismo a trazione familiare. Guido Gentili
T uttavia, quel +3,7% realizzato, in un anno glaciale, per il 70% del valore delle vendite da 3800 operatori con fatturato superiore a 15 milioni di euro e concentrato nel Centro-Nord, da cui arriva l’87% dell’export nazionale, dimostra che non tutte le luci sono spente e che l’ancoraggio all’economia reale, e non a quella supposta, è un punto di forza da valorizzare. Da valorizzare in concreto, tenuto conto di come sta cambiando la geografia delle nostre esportazioni (scende la quota storica verso i Paesi europei, sale quella sui nuovi mercati dove peraltro la crescita è più forte) e considerando, per fare un esempio, che una regione come la Lombardia rappresenta da sola il 27,7% dell’export totale. Un dato che a sua volta fa riflettere sulle potenzialità, anche in termini di sviluppo dell’occupazione con una maggiore flessibilità in entrata, di Milano Expo 2015. Ma proprio ieri il Governo ha deciso di non intervenire per decreto, come annunciato, e ha rinviato la questione a un accordo da raggiungere tra le parti sociali entro settembre, fatta salva la possibilità di un intervento successivo in assenza di un’intesa. Un rinvio resta un rinvio, e di rinvii è punteggiata l’agenda dell’esecutivo che domani riunisce la "cabina di regia". Mentre in Parlamento si riaffaccia (con Cesare Damiano, Pd, presidente della commissione Lavoro della Camera) la spinta, e non è una buona notizia, per correggere la riforma pensionistica del 2011. E mentre il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, evidenziando il fatto che ormai anche le imprese "sane" subiscono i contraccolpi del credit crunch, prospetta le cartolarizzazioni con supporto del governo per sostenere il credito alle piccole e medie imprese. Tema che resta decisivo: in attesa delle cartolarizzazioni, l’accelerazione dei pagamenti pregressi non può conoscere stop o rinvii.