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 2013  luglio 17 Mercoledì calendario

QUELL’ITALIA IN LISTA D’ATTESA

Fino a qualche anno fa erano solo le liste di attesa per mammografie e visite a preoccupare gli italiani pazienti. Si lamentavano di dover aspettare quasi un anno per una mammografia. Ma confessavano che, mettendo mano al portafoglio, riuscivano a fare prima l’esame. Oggi la situazione è identica a quella del passato con un’aggravante: la stragrande maggioranza delle famiglie non può pagare di tasca propria. Quindi, aspetta.
Le liste d’attesa, come dimostra il Rapporto Pit-Salute del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva intitolato “Meno sanità per tutti, la riforma strisciante”, sono sempre più lunghe. Il dramma si somma al dramma. e solo in alcune zone del paese si è riusciti, con efficaci organizzazioni regionali, a snellire l’elenco. Ormai aggravato anche dal caro-ticket. Risultato: chi non ce la fa resta in fila, chi non può restare in fila paga o prova a trovare il denaro, anche indebitandosi. In particolare per il dentista.
LA SITUAZIONE
A leggere il bilancio delle chiamate al Tribunale per i diritti del malato è chiaro che la situazione è stazionaria almeno da un decennio o poco meno: oltre un anno per una mammografia, 9 mesi per un ecodoppler o una colonscopia. Un anno per una visita urologica, dieci mesi per quella pneumologica. Tempi medi, dicono gli analisti delle chiamate. Questo significa che per un’ecografia si deve attendere anche un anno intero. Piccoli spostamenti rispetto al 2011, ovviamente spostamenti in peggio.
Aumentano anche le segnalazioni dei presunti errori medici: il maggior numero sono nell’area oncologica seguita da quella ortopedica e la ginecologia. Non è un caso che proprio ortopedici e ginecologi nei mesi scorsi sono scesi in sciopero per la mancata tutela assicurativa da parte delle Asl nei confronti delle denunce da parte dei pazienti. Poco meno di un anno fa era stato deciso che dal prossimo agosto tutti medici avrebbero dovuto sottoscrivere una polizza. Proteste, mancanza di organizzazione tra i camici bianchi e le aziende sanitarie. Ieri la decisione di rinviare l’obbligo di un anno. Ad agosto 2014 (sempre a metà agosto quando tutto è più complicato) è stato fissato il termine per la stipula delle assicurazioni. È quanto prevede un emendamento del governo al decreto “Fare” all’esame della commissione Affari costituzionali e Bilancio della Camera.
L’ACCESSO
«Uno degli aspetti peggiori - commenta Tonino Aceti coordinatore del Tribunale del malato - è il ricorso ai prestiti personali per far fronte alle spese sanitarie». Si parla di «accesso difficile al servizio sanitario». Le lunghe liste d’attesa sono la prima voce tra quelle segnalate relative alle difficoltà di arrivare a fare l’analisi o la visita: il 74,3% del totale. Il 37,2% riguarda le richieste per gli esami diagnostici mentre il 29,8% si lamenta per le visite specialistiche. Un’altra parte rilevante delle segnalazioni si concentra sulle richieste di ricovero per intervento chirurgico. Quasi il 5% riguarda le cure oncologiche. Dieci italiani su cento tra quelli che si sono rivolti al Pit-Salute hanno dichiarato di non avere i mezzi per pagare il ticket.
I DISAGI
Ecco una fotografia che rivela un doppio binario di disagi in corsia. Da una parte un servizio sanitario che ha subito un taglio per circa 30 miliardi, da un’altra l’atavica difficoltà nel far snellire le liste per esami e viste e da un’altra le emergenze economiche della maggior parte delle famiglie.
È per l’esame di radiologia che si aspetta di più. «Ma si tratta di un’anomalia tutta nostra - commenta Domenico Iscaro radiologo segretario dell’Anaao il sindacato più rappresentativo degli ospedalieri - dal momento che rispetto agli altri paesi noi abbiamo più macchinari a disposizione. Si pensi che, secondo i dati Ocse, negli altri paesi si contano 22 Tac per milione di abitanti, qui ce ne sono 30. Questo vuol dire che non mancano i mezzi ma è fallace l’organizzazione. Perché non permettere ai medici di famiglia di accedere alle liste di prenotazione in modo di avere la certezza dell’urgenza? A Roma, al Santo Spirito, questo accade e il flusso è regolato secondo i bisogni dei pazienti».
Sono oncologia e ginecologia-ostetricia a prendere la maglia nera nei ritardi delle cure. Per la terapia e la diagnosi dei tumori si contano il 17,5% delle segnalazioni mentre il 13% per i servizi delle donne. I valori di cardiologia e gastroenterologia rimangono sostanzialmente invariati mentre l’oculistica comincia a vedere le attese sempre più lunghe. Dato da mettere vicino all’allungamento generale dell’età.