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 2013  luglio 16 Martedì calendario

«NON C’E’ PIU’ IL PANE» LA KIRCHNER TRABALLA COME MARIA ANTONIETTA

Manca il pane in Argentina. L’ex granaio del mondo ha finito le scorte. Manca farina, salgo­no i prezzi, si lamentano i panet­tieri, si indigna la gente perché va bene tutto, ma il pane che scarseggia sugli scaffali dei su­permercati fa paura. Più della mancanza di carne, più degli sbagli della Kirchner che sugge­risce: infornatevelo a casa. E sembra una presa in giro.
La campagna lanciata dal go­verno «pane per tutti» a dieci pe­sos, circa due dollari al chilo non funziona. Alle dieci di mat­tina il prezzo è già salito quasi del doppio: 18 pesos. I panettie­ri dicono di essere costretti al­l’aumento per non lavorare in perdita, i consumatori fanno fa­tica. Troppo caro il prezzo della materia prima. «La verità è che il prezzo giusto sarebbe di venti pesos al chilo - dicono i panettie­ri in protesta - ma perderemmo i clienti e saremmo costretti a chiudere». Diverse le cause, an­che se alla base c’è un anno ne­ro per il raccolto del grano. Il peggiore degli ultimi decenni: solo 9 milioni di tonnellate, po­che per sfamare tutti. In questi anni lo spazio per il grano è sta­to occupato dalle coltivazioni dell’«oro verde», la soia che, venduta alla Cina, ha garantito introiti da favola. E ora il Paese paga le conseguenze. Lo aveva già fatto con la carne, il Paese dell’asado mes­so a dieta, costret­to a importare mucche dai vici­ni, dal Brasile, dall’Uruguay, Pa­raguay. Stesso motivo del gra­no. I pascoli co­stretti in spazi sempre più ridot­ti per le coltiva­zioni di soia.
«Nel paese del­le mandrie e del grano, con Cri­stina nè la carne nè il pane sono per tutti» si lamenta una deputa­ta, Vilma Ripoll. Il governo cer­ca di rimediare come può, prima di tutto vietando ai coltivato­ri di esportare grano e costrin­gendoli a vendere le riserve al Paese. Ma non solo: sul sito uffi­ciale il governo di Cristina ha pubblicato un consiglio che sa di presa in giro: «Fate il pane in casa per risparmiare, ci sono tante ricette semplici» e con la raccomandazione di non ecce­dere con il sale.
Traballa Cristina, e questa po­trebbe essere davvero la goccia, l’ultima per tanti argentini stan­chi di lei. E l’occasione potreb­be essere a ottobre, le legislati­ve. La presidenta già da tempo non gode di grande popolarità come dimostrano le continue proteste di piazza degli ultimi mesi. Riconfermata per un se­condo mandato nell’ottobre 2011 con il 54,1 per cento dei vo­ti, Cristina si sente ancora forte come lo era nel 2007. Ma niente nel Paese è più come un tempo: tra la popolazione è cresciuto il malcontento per la stagnazio­ne economica, e l’aumento di disagio sociale ha favorito la cri­minalità.
Ma c’è di più: per una fetta sempre più grande di argentini, la presidentessa è una despota che trucca i conti. Pronta a tut­to, anche cambiare la carta co­stituzionale, pur di farsi rieleg­gere nel 2015. Manca poco, Cri­stina alza continuamente la po­sta in gioco. Dopo la sua guerra alle multinazionali e agli «inva­sori stranieri» (dalla nazionalizzazione de­lle compagnia petro­lifera Repsol alla disputa con gli inglesi sulle isole Falkland), ha speso ed è disposta a spendere fiumi di pesos argentini. Bluf­fando, all’occorrenza, sui conti pubblici e sulla reale salute economica del Paese. La bugia più grossa della Casa Rosada è stata quella - appurata dal Fondo mo­netario internazionale (Fmi) - ­dei dati ufficiali sui prezzi dei be­ni e dei servizi in commercio in Argentina. A detta del governo, il 2012 si è chiuso con l’inflazio­ne pari al 10,8%. Ma, da mesi, gli istituti di ricerca privati e stra­nieri la indicano attorno al 25%, per alcuni addirittura al 30%: la più alta dell’America Latina. Il Pil nazionale ha subito una bru­sc­a contrazione nella sua cresci­ta facendo segnare un +2% nonostante le pesanti iniezioni di liquidità della Banca centrale e i massicci finanziamenti sta­tali. Intanto Christine Lagar­de, potentissima timoniera del Fmi, le ha intimato di correggere le «inesattezze» sugli in­dici d’inflazione ufficiali, entro la fine del 2013.
Un altro nemico che arriva dal ricco e borghese Occidente per Cristina, che si va ad aggiun­gere agli spagnoli proprietari della Repsol al governo di Lon­dra.